"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

lunedì 21 gennaio 2013

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giovedì 17 gennaio 2013

L'orso nell'arte della maiolica



Castelli, piccolo borgo alle falde del Gran Sasso, è famoso in Italia e nel mondo per l’arte della ceramica. Ieri, durante una visita alla collezione di preziose maioliche custodita nel museo Villa Urania di Pescara, mi chiedevo se il simbolo vivente della Regione Abruzzo, l’orso bruno marsicano, fosse sfuggito al genio dei maestri ceramisti dell’epoca (XVI-XVIII secolo).

La mia suggestione, forse indotta da dipinti di scene di caccia al cinghiale, ha trovato conferma improvvisa: La caccia all’orso. L’opera di Carlo Antonio Grue, risalente al 1670-73, si è materializzata davanti ai miei occhi increduli.
Caccia all'orso
La Caccia all'Orso
La presenza stabile dell’orso sul massiccio del Gran Sasso è stata accertata fino ai primi decenni del secolo scorso, finché l’esplosione demografica del suo bellicoso vicino, l’uomo, e l’utilizzo sempre più diffuso da parte di quest’ultimo di mezzi meccanici e tecnologici di dominio e sfruttamento delle risorse naturali non lo hanno costretto a ripiegare negli angoli più selvaggi della Marsica, in cui sarebbe sopravvissuto fino a oggi grazie all’istituzione dell’allora Parco Nazionale d’Abruzzo.

Alla gioia per la “scoperta” di questa ulteriore testimonianza storica della presenza dell’orso bruno marsicano sul Gran Sasso, d’auspicio alla possibile ricostituzione di un nucleo stabile e riproduttivo, è subentrata la coscienza amara del tributo di sangue che la specie ha versato nei secoli all’invasore umano. Il dipinto del Grue trasmette la drammaticità della caccia, la disperata opposizione della preda a cacciatori preponderanti in numero e mezzi che, non ancora armati di archibugi, brandiscono delle lunghe lance per colpirla prudentemente a distanza, mentre un mastino si avventa sull’animale per fiaccarne la strenua resistenza. La sorte del “signore dei boschi” sembra segnata.
Carlo Antonio Grue
Opera di Carlo Antonio Grue (1670-73)

La diffusione di armi da fuoco sempre più precise e mortali avrebbe ulteriormente spostato le sorti di analoghe battute di caccia a vantaggio dell’uomo e l’orso sarebbe scomparso dalle montagne e dalle faggete che si stendono sconfinate attorno a Castelli, lasciando oggi un vuoto intermittente nella preziosa fauna del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Intermittente perché qualche anno fa, l’esemplare Ulisse, un giovane maschio in dispersione, è stato segnalato nel Parco fino ai Sibillini, prima che l’assenza di femmine lo spingesse a rientrare nel territorio di provenienza, l’odierno Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

L’eliminazione delle cause di morte riconducibili all’uomo nell’area di maggiore concentrazione della specie e la corretta gestione delle zone contigue sono condizioni essenziali per poter continuare a sperare nel ritorno dell’orso sul massiccio più alto dell’Appennino, in un’epoca in cui progetti di valorizzazione naturalistica e turistica dell’area dovrebbero scongiurare per sempre il ripetersi di scene ferali come quella raffigurata su maiolica da Carlo Antonio Grue.

Mario Cipollone

martedì 15 gennaio 2013

Appello di Corradino Guacci per l'orso marsicano




È di questi giorni l’appello di Corradino Guacci di Storia della fauna  (http://www.storiadellafauna.it) sulla necessità di far fronte al rischio di estinzione dell’orso bruno marsicano intraprendendone l’allevamento in condizioni controllate sul modello di quanto avviene con il panda in Cina, avvalendosi della rete internazionale dei giardini zoologici. Secondo il Guacci, la popolazione di orsi marsicani in natura è stimata in 30-40 esemplari dagli anni ’80. Ciò ridurrebbe le capacità di sopravvivenza della specie in caso di epidemie o di una disgraziata serie di decessi legati a cause antropiche (frammentazione degli habitat, investimenti, avvelenamenti, ecc.). Tuttavia, ricerche, avvistamenti e segnalazioni recenti anche fuori dalla core area – il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise - indurrebbero a un cauto ottimismo sulle possibilità di riuscire a conservare in natura questa eroica sottospecie appenninica dell’orso bruno europeo, sebbene non si possa affatto affermare che essa sia fuori pericolo. Certo per i difensori dell’orso le sfide non mancano e nessuno sa se la volontà di salvarlo riuscirà a prevalere sulle minacce quotidiane alla sua sopravvivenza. Una cosa è certa: l’appello di Corradino Guacci è stato dettato dal suo profondo amore per questo animale simbolo e dal timore di perderlo per sempre dalle montagne dell’Appennino Centrale.

Cari lettori, voi che ne pensate? Il futuro dell’orso bruno marsicano si deciderà sulle montagne in cui ha vissuto da sempre, nel recinto di un giardino zoologico oppure in una provetta di laboratorio?

lunedì 14 gennaio 2013

Salviamo l'orso

Foto da Salviamo l'Orso
Il blog dell'orso bruno vuol segnalare a quanti hanno a cuore le sorti dell’orso bruno marsicano sulle montagne abruzzesi e dell’Appennino centrale la nascita di Salviamo l’orso, Associazione per la conservazione dell’orso bruno marsicano – Onlus. L’associazione si prefigge di intraprendere azioni concrete per eliminare o limitare al massimo quelle attività umane che, talvolta indirettamente, minacciano la sopravvivenza del “nostro” orso, una specie in grave rischio di estinzione.

Per ulteriori informazioni sui progetti dell'associazione e soprattutto adesioni e donazioni, visitate il www.salviamolorso.it che ringraziamo per le magnifiche foto!
Foto di Gianni Menta