"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

mercoledì 30 giugno 2010

A tu per tu con l’orso bruno! Il racconto di chi sabato notte per oltre un quarto d’ora ha osservato da vicino il plantigrado nella riserva di Caccia di Lauco

di Francesco Brollo

Bruno dai Rois, come è stato battezzato l'esemplare di orso fotografato e osservato per una ventina di minuti, sabato scorso nella riserva di caccia di Lauco

Quando dal sottobosco a una ventina di metri alla loro destra hanno sentito provenire il rumore dei passi, il pensiero è andato al cinghiale. Anche quando l’animale è comparso nella radura che stavano tenendo sotto osservazione a cinquanta metri di distanza, lasciando intravvedere solo una parte del posteriore, si sono detti: “che cinghiale, sarà da 200 chili!”. D’altronde era proprio per monitorare i cinghiali che si trovavano lì, poco dopo delle 22 di sabato, notte di luna piena. Quando invece la bestia si è girata, hanno percepito il rintocco del cuore in gola: era un orso!

Luciano Pellizzari – direttore della riserva di caccia di Lauco e il suo amico Christian Cimenti hanno così pescato un jolly che ogni naturalista si sogna per una vita intera, trascorrendo più di un quarto d’ora a una cinquantina di metri da un esemplare di orso bruno. Attorno solo bosco, prati argentei, cielo, luna e una bava d’aria che poneva i due fuori dalla portata dell’acuto olfatto del plantigrado.

La docilità dell’animale non ha mai messo davvero in allerta i due, che hanno osservato l’orso fino a quando, in seguito al fruscio proveniente dallo sfregamento di uno dei due zaini che i cacciatori avevano con sé, ha annusato l’aria e fatto dietrofront, lasciando perdere le proprie tracce nel fitto della boscaglia.

“Ci eravamo appostati lì poco prima delle ventuno – ci racconta Christian Cimenti, ancora visibilmente mosso da entusiasmo ed emozione – per osservare i cinghiali. La zona che tenevamo sotto osservazione era una radura nel bosco a una cinquantina di metri da noi. Dopo un po’ abbiamo sentito passi provenire dal sottobosco a una ventina di metri di distanza. Abbiamo pensato al cinghiale e puntato i canocchiali verso la radura, in attesa che sbucasse in corrispondenza di un punto di foraggiamento. Appena si è palesato per un istante visto che abbiamo scorto di sfuggita solo il posteriore, anche perché ci aspettavamo tutto tranne che un orso, ho pensato ad un grande cinghiale da duecento chili. Quando si è girato ho provato un’emozione forte abbinata all’incredulità. Era lì, nella radura – lo vedevamo benissimo – e noi a quarantasette metri. Sul momento non sai cosa fare, ma presto siamo rimasti rapiti dal fascino dell’osservazione di una animale così imponente che se ne stava tranquillo a mangiare. L’aspetto era di una bestia davvero docile. Si è nutrito di alcuni pezzi di pane, poi si è disteso e tenendo il pane con le zampe anteriori l’ha gustato con calma. Ancora mi viene il pelo dritto dall’emozione per la fortuna di questo incontro. Siamo riusciti a osservarlo in totale per quasi venti minuti. A un certo punto ha lasciato il posto di foraggiamento è ha cominciato a muoversi verso la nostra direzione, ma senza notarci. Luciano allora ha cominciato a predisporre lo zaino per allontanarci e al primo fruscio, quando ormai era a 28 passi da noi, quindi circa 25 metri – li ho misurati il giorno dopo – si è bloccato, ha cominciato ad annusare l’aria e a muovere le orecchie come due parabole per ascoltare meglio. Era simpaticissimo. In breve ha fatto dietrofront ha preso un ultimo pezzo di pane e si è allontanato. Ci ha lasciato una sensazione di docilità ma anche di estrema imponenza. Non ho elementi per azzardare quanto pesi, ma se raffrontato ai cinghiali fotografati nel medesimo posto, ci si rende conto che ci troviamo di fronte ad un animale davvero grande”.

Le immagini sono state scattate da una trappola fotografica che era stata predisposta in loco ed acquisite dall’Università di Udine. Cimenti ha ribattezzato l’orso col nome di Bruno dai Rois, dal nome di una località, e Bruno potrebbe essere davvero adottato come nome, dato che l’esemplare pare non essere Soki (Riky per i bambini di Socchieve), dato che una manciata di ore dopo un orso bruno è stato fotografato di nuovo a Sella Chianzutan, nel medesimo luogo di dieci giorni fa, dalla trappola fotografica dei fratelli Da Pozzo, della riserva di caccia di Verzegnis.

In attesa che Stefano Filacorda dell’Università di Udine renda noto gli esiti delle analisi morfometriche che raffrontano le proporzioni tra i vari elementi del corpo così come tratti dalle foto, per trarne indicazioni, possiamo sposare l’ipotesi che si tratti di due orsi diversi. Anche se per avere certezze occorrerà l’analisi del DNA ricavato dai peli.

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' da oltre 5 anni che frequento costantemente e a qualsiasi ora le zone più battute dagli orsi "trentini" e finora ho solo trovato impronte, fatte e peli.. prima o poi spero di poter far mia l'emozione di questo agoniato incontro, nel frattempo m'accontento di seguire la sua ombra perchè, come dice Daniela Castellani nel suo libro:
"La magia dell'orso non sta nella sua presenza fisica davanti a un obiettivo, ma, come ho sempre detto, nella consapevolezza della sua esistenza nella sua foresta. L'ombra dell'orso è per noi più reale dell'orso vero e proprio. Cercare l'orso è importante, trovarlo è secondario, come è il viaggiare quello che ci affascina, non raggiungere la meta. Perché cercare l'orso è come cercare noi stessi e nel corso della ricerca può essere che noi cambiamo. "

Misty