"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

giovedì 8 ottobre 2009

Cucciolo di orso polare copia i koala

Ormai l’abitudine di fotogra­fare animali in natura è diventa­ta così frequente che certe sco­perte, invece che farle gli etolo­gi, non raramente le fanno addi­rittura i turisti. Così è successo che una turista in crociera dalle parti del Polo nord ha avuto la straordinaria fortuna, come do­cumenta la Bbc , di ritrarre un cucciolo d’orso bianco che, as­sai singolarmente, «fa il fanti­no » sulla groppa materna, certi­ficando così un comportamen­to quasi sicuramente prima sco­nosciuto. E tale inconsueta ca­valcata ora dà da pensare agli studiosi, che si stanno sbizzar­rendo su come interpretarla.
Probabilmente, suggerisce il dottor Jon Aars del Norwegian Polar Institute di Tromso, si tratta del proseguimento sul ghiaccio di un trasporto che ta­lora le madri fanno in mare sia per proteggere i figli dall’acqua gelida sia per spender meno tempo nella traversata. Spiega­zione che, dato che spesso la ni­diata è fatta di più cuccioli, la­scia non poco perplessi. E c’è anche chi pensa, con non poca fantasia, a una nuova abitudine frutto di una mutazione geneti­ca, e tira in ballo, per analogia, certi marsupiali come il koala e l’opossum, oppure i formichie­ri americani, o addirittura gli scorpioni, tutta gente che i figli se li porta a spasso abbarbicati alla schiena.
Verrebbe poi in mente, in al­ternativa — e non sarebbe un’idea da buttar via — l’ipote­si del gioco. I giovani orsi, infat­ti, non solo sono assai ludici, ma quando si scatenano diven­tano decisamente creativi. D’al­tronde i documentari ce li han­no mostrati spesso mentre fan­no giochi di lotta o si esibisco­no in folli scivolate sui pendii innevati, oppure mentre fanno rotolare valanghe da essi stessi costruite. Quanto alle madri, sanno essere molto tolleranti, se è il caso. Sanno infatti, o al­meno lo sa quella sapienza inna­ta che ogni orsa ha scritto nel suo Dna, che i cuccioli è oppor­tuno lasciarli sempre giocare. Il gioco è infatti un esercizio che fa bene sia al fisico che alla mente. E gli orsi, garantito, ce l’hanno eccome una mente.
Vien da pensare, generaliz­zando, che in natura ogni mam­ma, o per meglio dire ogni geni­tore (in molte specie esistono anche le cure paterne), ha scrit­to nei suoi geni tutte le istruzio­ni utili per tirar su, nel migliore dei modi, la prole. Sanno essere dolci e tolleranti oppure, quan­do serve, decisi e severi. Istru­zioni, comunque, e questo è im­portante, sempre ben calibrate perché garantite dall’esame in­flessibile che, una generazione dopo l’altra, mette in atto la se­lezione naturale. Del resto ba­sta pensare a quanto sia natural­mente sapiente una gatta, o una cagnolina, che partorisce per la prima volta. Starle ad os­servare è uno spettacolo istrut­tivo. Sanno praticamente tutto: dal liberare i neonati dalla pla­centa per farli subito respirare, via via fino all’ultima cura, quel­l’emancipazione, talora appa­rentemente crudele ma comun­que essenziale, che renderà i fi­gli, una volta maturi, insieme autonomi e competenti su co­me stare al mondo
E. noi? Ebbene, per noi non è, né potrebbe essere così, perché noi ci siamo evoluti come pro­duttori di cultura. Che è, si po­trebbe dire, la nostra natura. Ciò fa sì che noi come allevare i figli dobbiamo inventarcelo, e basta andare indietro con la me­moria per ricordarci di quante regole (tutte culturali) col tem­po abbiamo sconfessato per so­stituirle con altre ed altre anco­ra. Sarà sempre così, temo, e ra­ramente, purtroppo, con risul­tati soddisfacenti.

Danilo Mainardi
Corriere della Sera.it



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