Ormai l’abitudine di fotografare animali in natura è diventata così frequente che certe scoperte, invece che farle gli etologi, non raramente le fanno addirittura i turisti. Così è successo che una turista in crociera dalle parti del Polo nord ha avuto la straordinaria fortuna, come documenta la Bbc , di ritrarre un cucciolo d’orso bianco che, assai singolarmente, «fa il fantino » sulla groppa materna, certificando così un comportamento quasi sicuramente prima sconosciuto. E tale inconsueta cavalcata ora dà da pensare agli studiosi, che si stanno sbizzarrendo su come interpretarla.
Probabilmente, suggerisce il dottor Jon Aars del Norwegian Polar Institute di Tromso, si tratta del proseguimento sul ghiaccio di un trasporto che talora le madri fanno in mare sia per proteggere i figli dall’acqua gelida sia per spender meno tempo nella traversata. Spiegazione che, dato che spesso la nidiata è fatta di più cuccioli, lascia non poco perplessi. E c’è anche chi pensa, con non poca fantasia, a una nuova abitudine frutto di una mutazione genetica, e tira in ballo, per analogia, certi marsupiali come il koala e l’opossum, oppure i formichieri americani, o addirittura gli scorpioni, tutta gente che i figli se li porta a spasso abbarbicati alla schiena.
Verrebbe poi in mente, in alternativa — e non sarebbe un’idea da buttar via — l’ipotesi del gioco. I giovani orsi, infatti, non solo sono assai ludici, ma quando si scatenano diventano decisamente creativi. D’altronde i documentari ce li hanno mostrati spesso mentre fanno giochi di lotta o si esibiscono in folli scivolate sui pendii innevati, oppure mentre fanno rotolare valanghe da essi stessi costruite. Quanto alle madri, sanno essere molto tolleranti, se è il caso. Sanno infatti, o almeno lo sa quella sapienza innata che ogni orsa ha scritto nel suo Dna, che i cuccioli è opportuno lasciarli sempre giocare. Il gioco è infatti un esercizio che fa bene sia al fisico che alla mente. E gli orsi, garantito, ce l’hanno eccome una mente.
Vien da pensare, generalizzando, che in natura ogni mamma, o per meglio dire ogni genitore (in molte specie esistono anche le cure paterne), ha scritto nei suoi geni tutte le istruzioni utili per tirar su, nel migliore dei modi, la prole. Sanno essere dolci e tolleranti oppure, quando serve, decisi e severi. Istruzioni, comunque, e questo è importante, sempre ben calibrate perché garantite dall’esame inflessibile che, una generazione dopo l’altra, mette in atto la selezione naturale. Del resto basta pensare a quanto sia naturalmente sapiente una gatta, o una cagnolina, che partorisce per la prima volta. Starle ad osservare è uno spettacolo istruttivo. Sanno praticamente tutto: dal liberare i neonati dalla placenta per farli subito respirare, via via fino all’ultima cura, quell’emancipazione, talora apparentemente crudele ma comunque essenziale, che renderà i figli, una volta maturi, insieme autonomi e competenti su come stare al mondo
E. noi? Ebbene, per noi non è, né potrebbe essere così, perché noi ci siamo evoluti come produttori di cultura. Che è, si potrebbe dire, la nostra natura. Ciò fa sì che noi come allevare i figli dobbiamo inventarcelo, e basta andare indietro con la memoria per ricordarci di quante regole (tutte culturali) col tempo abbiamo sconfessato per sostituirle con altre ed altre ancora. Sarà sempre così, temo, e raramente, purtroppo, con risultati soddisfacenti.
Danilo Mainardi
Corriere della Sera.it
Probabilmente, suggerisce il dottor Jon Aars del Norwegian Polar Institute di Tromso, si tratta del proseguimento sul ghiaccio di un trasporto che talora le madri fanno in mare sia per proteggere i figli dall’acqua gelida sia per spender meno tempo nella traversata. Spiegazione che, dato che spesso la nidiata è fatta di più cuccioli, lascia non poco perplessi. E c’è anche chi pensa, con non poca fantasia, a una nuova abitudine frutto di una mutazione genetica, e tira in ballo, per analogia, certi marsupiali come il koala e l’opossum, oppure i formichieri americani, o addirittura gli scorpioni, tutta gente che i figli se li porta a spasso abbarbicati alla schiena.
Verrebbe poi in mente, in alternativa — e non sarebbe un’idea da buttar via — l’ipotesi del gioco. I giovani orsi, infatti, non solo sono assai ludici, ma quando si scatenano diventano decisamente creativi. D’altronde i documentari ce li hanno mostrati spesso mentre fanno giochi di lotta o si esibiscono in folli scivolate sui pendii innevati, oppure mentre fanno rotolare valanghe da essi stessi costruite. Quanto alle madri, sanno essere molto tolleranti, se è il caso. Sanno infatti, o almeno lo sa quella sapienza innata che ogni orsa ha scritto nel suo Dna, che i cuccioli è opportuno lasciarli sempre giocare. Il gioco è infatti un esercizio che fa bene sia al fisico che alla mente. E gli orsi, garantito, ce l’hanno eccome una mente.
Vien da pensare, generalizzando, che in natura ogni mamma, o per meglio dire ogni genitore (in molte specie esistono anche le cure paterne), ha scritto nei suoi geni tutte le istruzioni utili per tirar su, nel migliore dei modi, la prole. Sanno essere dolci e tolleranti oppure, quando serve, decisi e severi. Istruzioni, comunque, e questo è importante, sempre ben calibrate perché garantite dall’esame inflessibile che, una generazione dopo l’altra, mette in atto la selezione naturale. Del resto basta pensare a quanto sia naturalmente sapiente una gatta, o una cagnolina, che partorisce per la prima volta. Starle ad osservare è uno spettacolo istruttivo. Sanno praticamente tutto: dal liberare i neonati dalla placenta per farli subito respirare, via via fino all’ultima cura, quell’emancipazione, talora apparentemente crudele ma comunque essenziale, che renderà i figli, una volta maturi, insieme autonomi e competenti su come stare al mondo
E. noi? Ebbene, per noi non è, né potrebbe essere così, perché noi ci siamo evoluti come produttori di cultura. Che è, si potrebbe dire, la nostra natura. Ciò fa sì che noi come allevare i figli dobbiamo inventarcelo, e basta andare indietro con la memoria per ricordarci di quante regole (tutte culturali) col tempo abbiamo sconfessato per sostituirle con altre ed altre ancora. Sarà sempre così, temo, e raramente, purtroppo, con risultati soddisfacenti.
Danilo Mainardi
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