"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

venerdì 2 giugno 2017

Ma è soltanto un orso

Copertina de Il Centro del primo giugno 2017
Doppia pagina de Il Centro del primo giugno 2017
Articolo de Il Centro del 29 maggio 2017
Quotidiano del Molise del 29 maggio 2017
Conclusione
Promemoria utile

Ieri (01/06/2017) il quotidiano Il Centro ha dedicato la copertina e due pagine intere all'Orso d’Abruzzo, cercando di riparare all'allarmismo e al sensazionalismo con cui, ad inizio settimana, aveva riportato la notizia di un incontro ravvicinato tra tre donne e un orso bruno marsicano nel centro abitato di Villavallelonga. Lo speciale di ieri ha ricordato gli ultimi episodi del rapporto uomo-orso, di una convivenza non sempre facile, dove purtroppo è sempre stato l’orso ad avere la peggio, basti ricordare su tutti gli orsi Bernardo, Stefano, Biagio… Il contrasto evidente, paradossale, tra gli articoli del 29 maggio e del 1 giugno ci induce alla riflessione. Sembrerebbe che noi umani siamo delusi dalla scoperta che l’orso cattivo viva più dentro di noi, nel nostro immaginario, che nelle valli e nelle foreste dell’Appennino Centrale al punto che alcuni giornalisti, trasformandosi per incanto da cronisti di fatti in narratori di storie, finiscono inevitabilmente per fare ricorso a un linguaggio cupo, minaccioso, e persino a ventilare l’ipotesi di abbattimento dell’esemplare, reo di aver aggredito tre donne di notte fuggendo. Ha aggredito solo perché si è alzato sulle zampe posteriori, come sua abitudine, per guardare e sentire meglio, prima di darsi alla fuga? È comprensibile lo stato d’animo delle persone che si sono spaventate trovandosi improvvisamente l’orso di fronte, ma certo non è accettabile che la realtà sia distorta per “esigenze di copione”, che un giornalista si trasformi in giudice e che, trattandosi di specie protetta, la cui uccisione è vietata dalla legge nazionale ed europea, possa istigare a una presunta legittima difesa, come tristemente avvenuto a Pettorano nel settembre 2014, con la stampa che era arrivata a parlare di orsi alti tre metri - neanche ci trovassimo in Alaska - per poi versare lacrime di coccodrillo quando il giovane orso, tutt'altro che di tre metri, è stato trovato morto per un colpo di arma da fuoco alle spalle. Occorre ricordare ancora una volta che finora non è stato registrato nessun caso di attacco da parte dell’orso marsicano all'uomo, se non episodi riconducibili a battute di caccia del passato in cui l’animale, braccato, ha giustamente reagito, mentre i danni arrecati al plantigrado dall'uomo e dalle sue attività lo hanno ridotto sulla soglia dell’estinzione. Con questo non si vuole negare la necessità di intervenire per una riduzione delle interazioni con l’uomo impedendo agli orsi di trovare cibo facile nei paesi, ma non si può restare indifferenti di fronte al ripetersi di un’informazione contraria agli sforzi di conservazione della specie. Apprezziamo che Il Centro questa volta abbia voluto dedicare il giusto spazio all'orso marsicano prima di piangerne un altro, con la speranza che toni allarmistici e mistificatori non si ripetano più e che ai lettori sia giunto più l'ultimo messaggio che quello del 29, perché in tutti noi prevalga la consapevolezza che l’orso è davvero il simbolo delle nostre terre e perderlo sarebbe un danno incommensurabile.
Come ci suggerisce Pierluigi Giorgio nella chiusura di un altro articolo del 29 maggio, pubblicato dal Quotidiano del Molise ma di tutt’altra sensibilità, riguardo al rapporto tra uomo e natura simboleggiato nel Ballo dell’Orso di Jelsi: “…Bisogna stanarlo!” invocò Jelsi, il paese. “Evitare alla bestia azioni ed offese. Con scaltrezza di uomo ed aiuto di Dio, si trasformi il demonio in un essere pio…” “Un’ombra pelosa!” qualcuno diceva “Un essere immondo!” quell’altro pensava. “Diabolico, fetido, terrifico e bestiale, inumano, satanico, reietto e brutale!” Con tanti nodi ed un forte bastone, nel gran bel mezzo della tenzone, la bestia urlante, ristretta, bloccata, in tre, quattro mosse fu tosto legata… Chi inveiva, chi bestemmiava, il parroco intanto pregava e pregava; qualcuno mosso da un ambiguo rimorso, tentava di dire: “Ma è soltanto un orso!”.
È questo sentimento di rimorso che tutti noi esseri umani dovremmo provare per la moltitudine di specie viventi di cui abbiamo compromesso e stiamo compromettendo la sopravvivenza.