"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

lunedì 29 dicembre 2008

Un 2009 nel segno dell'orso...AUGURI!

sabato 27 dicembre 2008

L’orso è maleducato Ma non si può sfrattare

L’orso come un vicino di casa scomodo, cui si vorrebbe dare lo sfratto perché maleducato. Nel senso letterale del termine, ossia di «educato male» dalla madre, che l’ha abituato a cacciare animali domestici e avvicinarsi ai centri abitati.
Ma per trasferirlo altrove (magari in Trentino) questo non basta, perché la Regione Lombardia ha predisposto una sorta di «scala di valutazione» che va da 1 a 100, secondo la quale solo quando l’orso raggiungerà le 100 «malefatte» potrà essere spostato. E JJ5 (questo il nome del plantigrado «sotto processo») ha raggiunto, per ora, solo la metà di tale scala.
E' quanto emerso da un convegno – organizzato dalla Pro Ardesio in collaborazione con il Comune e con il Parco delle Orobie bergamasche – nel corso del quale è stata espressa una linea abbastanza chiara: in alta Valle Seriana nessuno vuole sparare all’orso, come è stato fatto in Svizzera con il fratello JJ3. Ma nessuno, per diverse ragioni, lo vuole qui sulle nostre montagne. Alla fine, così, tutti auspicano che sia catturato e portato altrove. Ad esempio in Trentino, la Regione che alcuni anni orsono – dal 1999 al 2002 – promosse con la Comunità europea l’introduzione nel proprio territorio di alcuni esemplari catturati in Slovenia. Al convegno hanno preso parte anche diversi allevatori e pastori – alcuni dei quali provenienti dalla Valle Camonica – che hanno espresso con foga, interrompendo a volte anche i relatori, le proprie idee. Comunque la serata – nel corso della quale è stata accolta positivamente la presenza del presidente del Parco, Franco Grassi, mentre è stata criticata l’assenza della Provincia e della Regione – è stata ricca di contenuti.
Al tavolo dei relatori Franco Grassi, il sindaco di Ardesio Antonio Delbono e Pietro Milanesi, dell’Università di Pavia. Tra il pubblico il veterinario Luca Pellicioli – che segue per il Parco le problematiche della fauna selvatica – e i rappresentanti della Coldiretti di zona, Giacomo Tomaselli e Raffaella Angelini, che hanno sostenuto le ragioni degli allevatori. Moderatrice dell’incontro, la giornalista Anna Carissoni. Dopo il saluto del sindaco di Ardesio, è stato proiettato il film svizzero «Orso maleducato, orso fucilato», che narra dell’uccisione di JJ3 nel cantone dei Grigioni, fatto che ha suscitato scalpore, soprattutto in Italia. Anna Carissoni ha quindi riassunto la permanenza di JJ5 in alta Valle Seriana: le località dove ha soggiornato, gli avvistamenti, i danni provocati ad alveari e a greggi. Quindi ha preso la parola il presidente del Parco, rilevando come il ritorno dell’orso sulle Orobie, «se da un lato costituisce un fatto positivo, dall’altro suscita sicuramente perplessità, anche perché la sua presenza non deve pesare su un’economia agricola montana già in difficoltà». «Per questo motivo il Parco, primo ente a muoversi in questo senso, ha sottoscritto un’assicurazione per risarcire, almeno in parte, gli allevatori cui l’orso ha sbranato animali». Il compenso, come ha poi sottolineato Luca Pellicioli, è stato pari a 150 euro per ogni pecora adulta e di circa 80 euro per gli agnelli. Ma JJ5, è stato detto, è un orso problematico anche per l’«educazione» ricevuta dalla madre Jurka, per cui uccide spesso animali domestici e tende ad avvicinarsi ai centri abitati. «L’ordinanza di non fotografarlo e non nutrirlo – ha aggiunto Grassi – è stata emessa dal Parco per far sì che l’orso non prenda troppa confidenza con l’uomo, diventando conseguentemente anche pericoloso». Mentre Pietro Milanesi ha dato alcuni consigli per difendere le greggi dal plantigrado, Grassi ha risposto alle unanimi richieste di portare altrove l’orso – anche perché le nostre montagne sono molto antropizzate – sottolineando che «per spostarlo ci vuole anzitutto un permesso ministeriale», ostacolo che va ad aggiungersi alla «scheda di valutazione» della Regione.

Fonte: Enzo Valenti - L’Eco di Bergamo

sabato 20 dicembre 2008

Alta Seriana: «Via l'orso dalla nostra valle»

I cittadini dell'alta Valle Seriana non vogliono più che l'orso JJ5 circoli libero nel loro territorio: questo è emerso in un'assemblea pubblica svolta alla presenza delle autorità, dei cittadini, allevatori e pastori. Nessuno intende sparare all'orso, ma per tutti sarebbe meglio un suo trasferimento, ad esempio in Trentino, regione ospitale nei confronti di questi animali.
«Il ritorno dell’orso sulle Orobie – ha esordito il Presidente del Parco delle Orobie – suscita sicuramente alcune perplessità, anche perché la sua presenza non deve pesare su un' economia agricola montana già in difficoltà. Per questo motivo il Parco ha sottoscritto un'assicurazione per risarcire, almeno in parte, gli allevatori cui l’orso ha sbranato animali». Il compenso è stato pari a 150 euro per ogni pecora adulta e di circa 80 euro per gli agnelloni.
Durante l'assemblea è stato poi proiettato il film svizzero, «Orso maleducato, orso fucilato», che narra dell’uccisione di JJ3 nel cantone svizzero dei Grigioni, fatto che ha suscitato tanto scalpore in Italia. Nel corso della discussione è poi emerso che JJ5 è un orso problematico anche per l'educazione avuta dalla madre Jurka, per cui uccide spesso animali domestici e tende ad avvicinarsi ai centri abitati.

sabato 13 dicembre 2008

"Non ammazzate l'orso, Bergamo farebbe una bruttissima figura"

Userà parole di fuoco il presidente del parco delle Orobie bergamasche Franco Grassi stasera ad Ardesio in occasione dell'incontro "Orso malducato, orso fucilato". La trovata degli organizzatori non è piaciuta al numero uno del parco. Grassi: "Voglio essere chiaro una volta per tutte, l'orso non si tocca". "Ammazzate pure l'orso se ci tenete tanto, poi però dovete fare i conti con la legge. E la Bergamasca farà una pessima figura con il mondo intero". Userà parole di fuoco il presidente del parco delle Orobie bergamasche Franco Grassi stasera ad Ardesio in occasione dell'incontro "Orso malducato, orso fucilato". La trovata degli organizzatori non è piaciuta al numero uno del parco, che si vede aprire altro fronte della battaglia per proteggere l'orso jj5 . Non bastava infatti la finora infruttuosa trattativa con la Regione, ora ci si mettono anche i pastori con la seria minaccia di farsi giustizia da soli. Il presidente Grassi non sa a che santo votarsi. "Voglio essere chiaro una volta per tutte, l'orso non si tocca - spiega - l'ho detto più volte in incontri ad Ardesio, ma evidentemente non mi vogliono ascoltare. I danni causati dall'animale sono stati rimborsati, perché bisogna accanirsi così? Ne va di mezzo chi combina la stupidata e soprattutto l'immagine del parco e della Bergamasca. Siccome sono il presidente del parco e non dell'associazione uccisori di orsi non posso che intimare i pastori a non combinare sciocchezze".
Grassi negli ultimi giorni si è recato più volte al Pirellone per cercare di trovare una soluzione concreta al problema orso. Eppure le risposte stentano ad arrivare. "Le dirò di più, ci stanno letteralmente prendendo in giro - continua Grassi - ho scoperto che sono stati dati fondi al parco delle Orobie Valtellinesi dove l'orso è transitato quest'estate e non a noi che lo ospitiamo da mesi. Adesso ne abbiamo abbastanza".
Ecco alcuni stralci della lettera che Grassi ha scritto al ministero e alla Regione Lombardia.
Dal 21 maggio 2008 è ufficialmente segnalata all'interno del parco regionale delle Orobie bergamasche la presenza di un giovane esemplare maschio di orso, classificato come jj5, giunto spontaneamente nel territorio bergamasco per dispersione naturale dall'area dell'Adamello-Brenta. La presenza dell'orso bruno è certamente un indice di grande valore geologico ambientale per il territorio alpino, ma non possiamo nascondere i disagi e le numerose difficoltà che l'orso ha causato sul territorio bergamasco nel corso di questi mesi ed in particolare nelle ultime settimane.
Oltre al danno diretto, si sta manifestando anche un danno indiretto determinato da una generale situazione di diffidenza della popolazione locale nei confronti dell'orso. E' verosimilmente che l'attuale tessuto sociale, anche in relazione all'improvvisa comparsa dell'esemplare, non sia ancora sufficientemente pronto per convivere con questa specie. Riteniamo che si ravvisino alcuni dei presupposti per poter sviluppare azioni di controllo, in particolare l'attivazione di un presidio, inteso come permanenza in zona di una squadra emergenza orso e l'azione "cattura con rilascio allo scopo di monitoraggio".

Fonte: Bergamonews

mercoledì 10 dicembre 2008

Nuovo comunicato stampa della Riserva Monti della Duchessa

In data 09/12/2008 il personale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana (IZSLT), alla presenza dell’ausiliario di Polizia Giudiziaria della Riserva Naturale Regionale Montagne della Duchessa (Regione Lazio), ha proceduto agli accertamenti necroscopici sulla carcassa di orso marsicano pervenuta domenica scorsa all’IZSLT – sede di Roma e proveniente dal territorio della Riserva Naturale Regionale Montagne della Duchessa.
L’esame necroscopico ha permesso di escludere la presenza di traumi o ferite d’arma da fuoco o da laccio, nonché di lesioni riconducibili a malattie infettive trasmissibili.
Le indagini di laboratorio sono state dunque indirizzate alla ricerca di cause di morte determinate dalla eventuale ingestione di sostanze tossiche o da cause naturali di origine batterica o virale o concomitanza di ambedue.
I risultati definitivi saranno presumibilmente disponibili entro le prossime settimane.

Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana


Riserva Naturale Regionale Montagne della Duchessa

lunedì 8 dicembre 2008

Orso Morto: la reazione di WWF Italia

Un altro esemplare di Orso marsicano, probabilmente un maschio, è stato ritrovato oggi agonizzante proprio ai margini dei Monti della Duchessa nel Lazio. Ed è ancora il veleno la causa della sua morte segno che l’uso di queste sostanze non è ancora stato scoraggiato con efficacia. L’animale è ora sotto l’esame dell’Istituto Zooprofilattico del Lazio e Toscana che dovrà accertare la natura del veleno utilizzato. Sale così a 8 il numero di Orsi morti nell’ultimo anno per varie cause, tra cui l’avvelenamento, trovati ai margini delle aree protette di Lazio e Abruzzo. La popolazione di Orso marsicano è concentrata nelle regioni dell’Italia centrale, Lazio e Abruzzo ed il suo nucleo vitale è di circa 45-50 esemplari.
Scarsi i controlli sul territorio, troppo blande le regole sull’acquisto di veleni utilizzati per i bocconi avvelenati usati spesso da cercatori di tartufi e cacciatori per eliminare le mute dei cani degli avversarsi, scarso il coordinamento tra enti per le azioni di tutela e prevenzione. Sono questi i problemi che da anni il WWF richiama all’attenzione delle istituzioni per tutelare una specie simbolo delle nostre montagne. “E’ inaccettabile continuare a veder morire in questo modo animali così preziosi per la nostra biodiversità – ha commentato duramente Massimiliano Rocco, che per il WWF è responsabile del Programma Orso bruno marsicano – Da almeno un anno giace presso le istituzioni, compreso il Ministero dell’Ambiente, una proposta per cambiare la normativa sull’utilizzo dei veleni. E’ inoltre indispensabile che la Regione Lazio utilizzi quel Programma integrato per la tutela dell’Orso bruno marsicano fatto di buone pratiche di dialogo verso agricoltori e allevatori che in altre realtà è stato messo in campo, tra cui l’offerta di recinti elettrificati per scoraggiare l’avvicinamento delle specie predatorie, e che ha dato ottimi risultati. Occorre poi concentrare l’attenzione di tutela sui cosidetti ‘corridoi ecologici’ per consentire a lupi, orsi e altre specie di attraversare in tranquillità i territori di collegamento tra diverse aree protette e consentire loro di ripopolare senza pericolo aree che una volta li vedevano protagonisti dell’equilibrio ecologico. .Più a breve termine, tra le azioni da mettere in atto, occorre interdire immediatamente le aree su cui è stato ritrovato il veleno ad attività come caccia e ricerca dei tartufi, un deterrente che in altre regioni, ad es. la Toscana, colpite dallo stesso fenomeno dei bocconi avelenati, ha ridotto fortemente questa pratica scellerata.

Orso Morto: Comunicato stampa della Riserva Naturale Montagne della Duchessa

Il giorno 7 dicembre alle ore 9,30 alcuni escursionisti rinvenivano un orso marsicano in evidente stato di difficoltà all’interno della Riserva Naturale Montagne della Duchessa (Comune di Borgorose, RI), in località Valle Amara, poco lontano dall’ingresso dell’area protetta. Gli escursionisti avvisavano immediatamente i Guardiaparco della Riserva in servizio proprio in Valle Amara. Giunti sul posto in tempo reale, i Guardiaparco chiamavano i referenti della Riserva per il PATOM (Piano Interregionale per la Tutela dell’Orso Marsicano), il Comando Stazione Forestale di Borgorose, la ASL territorialmente competente, il Dott. Francesco Tancredi (veterinario dell’Istituto Zooprofilattico di Rieti) e il Dott. Leonardo Gentile (referente veterinario PATOM del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise). I referenti allertavano la rete regionale PATOM e, una volta sul posto, relazionavano telefonicamente sullo stato dei fatti al Direttore e al Presidente della Riserva. Alle 10.30 l’animale non mostrava più segni di vita. Il veterinario Dott. Francesco Tancredi non poteva far altro che constatare il decesso e verificare che si trattava di un esemplare maschio adulto. Sul posto arrivavano anche il responsabile della Sezione di Rieti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Dott. Pietro Calderini e il Presidente dell’area protetta Dott. Michele Pasquale Nicolai. La carcassa è stata sottoposta a sequestro giudiziario e trasportata alla sede di Roma dell’Istituto Zooprofilattico per gli accertamenti medico-legali. L’animale sarà sottoposto a esame necroscopico per determinare le cause del decesso. Al momento infatti non è possibile fare alcuna ipotesi in merito. Le indagini sono coordinate dal Responsabile del Servizio Guardiaparco della Riserva Dott. Gianpiero Di Clemente e supportate dal personale del Corpo Forestale dello Stato di Borgorose.

domenica 7 dicembre 2008

Altro orso marsicano morto in Abruzzo nella Riserva della Duchessa. Probabile avvelenamento.

E' stato ritrovato agonizzante ed è poi moto un orso bruno marsicano al confine tra Lazio e Abruzzo nei pressi della riserva naturale della Duchessa. La morte, dai primi accertamenti, sembrerebbe causata da un boccone avvelenato, abbandonato da bracconieri o allevatori, secondo una modalità tipica che in questi anni ha provocato una strage di orsi in Abruzzo."Dobbiamo prendere atto - ha dichiarato Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente - che gli strumenti messi in campo per la tutela dell'orso bruno marsicano non hanno prodotto i risultati sperati, e gli impegni delle istituzioni sono ancora insufficienti per garantire la sopravvivenza della specie simbolo della biodiversità del nostro Paese. Si può e si deve fare di più per garantire migliori condizioni di tutela e di sorveglianza della fauna in
pericolo di estinzione. Le risorse ci sono, le conoscenze anche, ma manca un adeguato sistema di coordinamento delle varie attività".

Fonte RaiNews24

Per ora non ci sono altre notizie...e parole.

Rimarro on line per ulteriori aggiornamenti e per informarvi in diretta


mercoledì 3 dicembre 2008

Dove eravamo rimasti...

Lo so, in molti fra voi lettori assidui mi vorrebbero tirare le orecchie.
Ma molti di voi sanno anche che da poco è finita un'avventura che mi ha visto impegnato nelle ultime settimane e che mi ha tenuto lontano dal mio blog. Quindi mi cospargo il capo di cenere e chiedo scusa per la mia assenza.
Dove eravamo rimasti e soprattutto cos'è successo in questi giorni ai nostri amici orsi?

25.11.2008

Primo tavolo tecnico delle aree protette interessate dal PATOM
Ha avuto luogo ad Assergi, nella sede del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, una riunione operativa del PATOM, Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano. La riunione, frutto degli accordi presi nel corso dell’ultima riunione tra i soggetti sottoscrittori a Pescasseroli, lo scorso 24 settembre, costituisce anche il primo tavolo tecnico ospitato in area protetta. La riunione, aperta dai saluti del Direttore del Parco Marcello Maranella e da Pier Luigi Fiorentino della Direzione Generale per la Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente, ha visto susseguirsi interventi di tecnici ed esperti con l’obiettivo generale di delineare lo stato dell’ecosistema appenninico in relazione alla sopravvivenza in natura dell’Orso marsicano e di chiarire, in particolare, tutti quelle azioni che a livello territoriale possono contribuire alla salvaguardia della specie: la creazione di corridoi ecologici ed aree contigue (Carlo Artese), la gestione dei boschi (Carlo Catonica, Giorgio Morelli), l’individuazione da parte delle aree protette di una comune metodologia riguardo la gestione dei danni al patrimonio zootecnico (Umberto De Nicola) ed agricolo (Guido Morini), una gestione partecipativa del Piano d’Azione mirata alla risoluzione dei conflitti con le attività antropiche (Pina Leone) e la tutela del bosco come ambiente d’elezione non soltanto per l’orso ma anche per altre specie a rischio di estinzione e di interesse comunitario (Mauro Bernoni). Dal complesso delle relazioni presentate, è emerso che nell’Appennino centrale esiste un’ampia superficie boscata, sebbene in alcuni casi intensamente sfruttata, che può di fatto consentire, se gestita in maniera equa e sostenibile, una piena realizzazione degli obiettivi di salvaguardia e tutela dell’Orso marsicano, secondo quanto indicato dal PATOM. A tal proposito, come ha sottolineato il Commissario straordinario del Parco Giandonato Morra «l’Orso può divenire il comune denominatore per motivare esperienze che abbiano ricadute metodologiche e strategiche sulla gestione dell’intero ecosistema appenninico e per condividere obiettivi ed azioni comuni fra più Enti».

WWF critico per la gestione dell'orso in Svizzera
Dei due plantigradi che hanno soggiornato nella Confederazione, uno - JJ3 - è stato abbattuto e l'altro - MJ4 - ètornato in Trentino in primavera. A suo avviso l'uccisione di JJ3 lo scorso aprile nei Grigioni testimonia di quanto "la Svizzera non sia ancora pronta a gestire la presenza di un orso problematico". L'organizzazione punta il dito contro la mancanza di informazione del pubblico sulle regole da rispettare con i rifiuti alimentari.

28.11.2008

Coppia di orsi non si riproduce...logico! Sono due femmine
Avevano pensato a un’incompatibilità affettiva, alla possibilità che uno dei due fosse sterile, ma comunque gli addetti dello zoo di Kushiro in Giappone non si spiegavano come mai la coppia di orsi polari non si riproduceva. Ora dopo un’attenta analisi, la scoperta: sono entrambe femmine. L’errore risale a quasi quattro anni fa, al gennaio 2005, quando la direzione del giardino zoologico aveva deciso di scambiare un orango con un orso da affiancare alla femmina con l’intenzione di fargli mettere su una bella famigliola. Ma il tempo passava e dopo quattro anni non c’è mai stato alcun baby orsetto. Niente fiocchi rosa o azzurri solo due orsi adulti che vivevano tranquilli. Ed è stato a questo punto che tra gli operatori dello zoo ha cominciato a insinuarsi il dubbio che in quella coppia non vi fosse il maschio. L’unica cosa da fare era controllare l’esemplare nell’intimità: anestetizzato con un dardo narcotico, il presunto marito è stato analizzato a fondo e si è scoperto che si trattava di una femmina. Ora stanno pensando di scambiarla con un vero maschio.

Uomo assolto: l'orso delle caverne estinto a causa del clima
Nuove ricerche condotte dal Dipartimento di Paleontologia dell'Università di Vienna sembrerebbero finalmente assolvere gli uomini preistorici dall'accusa di aver causato l'estinzione del più grande orso mai vissuto sul Pianeta: l'Orso delle caverne (Ursus spelaeus). Il colpevole sarebbe stato invece il clima dell'Ultimo Massimo Glaciale, il periodo in cui, durante l'ultima glaciazione (glaciazione Würm, iniziata circa 120.000 anni fa e terminata da circa 12.000) si ebbe la massima espansione dei ghiacciai, con l'occupazione di tutta l'Europa settentrionale. Inoltre, vaste estensioni di territorio intorno ai ghiacciai erano permafrost, ovvero, terreno in cui la temperatura media è inferiore a 0°C per almeno due anni consecutivi. Le condizioni climatiche estreme del Massimo Glaciale durarono circa 2.000 anni e, tra ghiacciai e permafrost, la vegetazione, che costituiva la principale risorsa alimentare di molte specie, scomparve quasi del tutto. Nonostante quanto si possa credere, l'Orso delle caverne, un bestione che ritto sulle sue zampe poteva essere alto più di tre metri, e pesante almeno una tonnellata (il peso medio del Kodiak, il più grande orso contemporaneo, che vive in Alaska, è di circa 600 Kg.) era principalmente erbivoro e sarebbe stata questa sua abitudine alimentare a causarne l'estinzione. Fino ad oggi, si pensava che l'orso (qui ne vediamo una ricostruzione di fantasia e la foto di uno scheletro) fosse entrato in qualche modo in competizione con gli uomini preistorici: non solo perché occupavano anch'essi le caverne, ma perché si pensava che lo cacciassero e che questo, insieme ad altri fattori, avesse contribuito alla sua estinzione. A quanto pare, non sarebbe così. Secondo dati riportati da Boreas, la rivista internazionale di ricerche sul Quaternario, non esiste alcuna prova convincente della "colpevolezza" degli umani. Al contrario, esistono quelle della scomparsa delle fonti alimentari, la stessa causa che avrebbe causato l'estinzione del mammuth, dei cervi giganti, del rinoceronte lanoso e del leone delle caverne. Sempre stando alle ricerche paleontologiche, condotte con l'ausilio del carbonio radioattivo, l'Orso delle caverne avrebbe lasciato per sempre la Terra circa 28.000 anni fa, quasi tredicimila anni prima di quanto non si pensasse e proprio quando l'espansione di ghiacciai e di permafrost raggiunse il massimo. L'estinzione delle altre specie che abbiamo citato sarebbe avvenuta invece più tardi, iniziando intorno a 15.000 anni fa. In Italia, la presenza dell'Orso delle caverne era una cosa abbastanza comune. Sono numerose le grotte in cui sono stati ritrovati resti fossili, le più famose sono nell'Italia settentrionale (grotte di Toirano in Liguria e di Monte Fenera in Piemonte) e la più spettacolare è forse il Buco del piombo, vicino Erba, in Lombardia, un vero e proprio museo all'aperto che conserva le "storie" avvenute in migliaia di anni in quella regione.Dunque, è ancora una volta il clima l'elemento con cui si debbono fare i conti finali. Certo, gli esseri umani non possono influenzare o impedire le glaciazioni che sicuramente verranno, ma poiché è ormai accertato che i cambiamenti causati dal riscaldamento globale costituiscono una minaccia per il futuro dell'umanità, dobbiamo cercare di impedire o almeno di rallentare il processo, fino a che non si trovino soluzioni per abbattere l'emissione dei cosiddetti "gas serra".

2.12.2008

Berlino perde la sua star "L'orso Knut trasloca"
La capitale tedesca si prepara triste e rassegnata a perdere uno dei suoi simboli più popolari: l'orso polare Knut, la celebre attrazione dello zoo di Berlino Ovest, lascerà presto la città. Il suo proprietario, cioè il giardino zoologico di Neumuenster, ha annunciato tramite il suo direttore Peter Druewa che richiederà presto il trasferimento di Knut. Il motivo: non è convinto della sistemazione futura che lo zoo di Berlino potrà dare al plantigrado. La città è scossa dalla notizia, cui i media cartacei e digitali danno grande risalto: Bild la spara in apertura della sua prima pagina. La situazione sembra essersi fatta irrimediabile. "Knut trascorrerà il Natale a Berlino, ma non sarei così sicuro che passerà nella capitale anche la Pasqua", ha detto Druewa. Sembra un paradosso, ma né Berlino città-Stato né la direzione dei suoi due giardini zoologici (il secondo, anche bellissimo e ricco di esemplari di grande valore, è all'est) possono decidere sul futuro di Knut. Il padre di Knut, l'orso Lars, veniva infatti dallo zoo di Neumuenster, "per cui possiamo decidere da soli dove Knut debba vivere", ha aggiunto Druewa.
La notizia del trasferimento di Knut entro pochi mesi è arrivata proprio mentre Berlino si preparava, questo venerdì, a festeggiare il secondo compleanno dell'orso. Knut, quando nacque in cattività, fu un'attrazione mondiale: milioni e milioni di visitatori sono venuti a vederlo a Berlino da tutto il mondo, e da cucciolo era la mascotte preferita dei bambini della città. Adesso pesa duecento chili ed è lungo (o alto, quando sta in piedi) circa due metri e mezzo. Ma continua a interessare il grande pubblico come nessun altro animale dello zoo di Berlino. Il quale, si calcola, ha incassato oltre cinque milioni di euro in più rispetto alla media delle entrate nel solo 2007, l'anno-boom del 'fattore Knut'. La storia di Knut aveva commosso e appassionato il pubblico: era stato di fatto abbandonato dalla madre, e Thomas Doerflein, uno dei lavoratori dello zoo, si era preso di lui allattandolo col biberon, facendolo giocare, insomma sostituendo per lui la famiglia che non aveva. Caso raro, Knut è cresciuto benissimo. Quand'era piccolo, i suoi giochi nel recinto destinato a lui attraevano bambini e adulti a ogni ora. Pochi mesi fa, la morte di Doerflein, stroncato nella notte da un collasso mentre dormiva, è diventata un lutto cittadino.
Ma la fama non basta a tenere Knut a Berlino. Lo zoo della capitale non ha in cassa i nove milioni di euro che sarebbero necessari a ristrutturare l'area degli orsi polari per costruire uno spazio per un terzo gruppo. E i suoi proprietari (Neumuenster) giudicano quindi che la sistemazione attuale di Knut, con gli altri orsi, non è la migliore. Resta da sapere dove andrà a finire Knut. I giardini zoologici di diversi paesi del mondo intero si sono detti interessati ad averlo, il direttore dello zoo di Neumuenster ha tempo per decidere. Lo zoo di Berlino sta cercando una salvezza in extremis: ha lanciato un appello agli imprenditori, a caccia di sponsor per finanziare la costruzione del nuovo recinto. Venerdì intanto Knut dovrà rassegnarsi a un compleanno in sordina: niente feste con inviti a un party per il grande pubblico come fu invece l'anno scorso. E questa non è nemmeno previsto di offrire all'orso una torta di verdure miste, di cui va molto ghiotto.

3.12.2008

La rivolta dei Berlinesi per Knut: resti nel nostro zoo. In 21mila firmano la petizione
'Firma anche tu, non lasciare che Knut vada via da questo zoo'. 21mila Berlinesi in pochi giorni hanno sottoscritto la petizione per trattenere l'orso polare 'star' dello zoo di Berlino. Knut venerdì prossimo compie due anni, ma questo potrebbe essere l'ultimo compleanno festeggiato nella capitale tedesca. L'ex orsetto, ormai massiccio nella sua corporatura e nel folto pelo bianco che sfoggia in questa stagione, dovrebbe traslocare per una questione legale. Per la stampa tedesca non ci sono dubbi: Knut dovrebbe lasciare lo zoo di Berlino al più tardi l'anno prossimo, o al massimo nel 2010. Migliaia di fan implorano lo zoo di non lasciarlo andare, ma il direttore Bernhard Blaszkiewitz ha le mani legate. "Avevamo preso in prestito un orso polare maschio dallo zoo di Neumuenster perche' volevamo dei cuccioli", ha spiegato Blaszkiewitz alla stampa. Secondo il contratto, ha proseguito, lo zoo di Neumuenster ha il diritto - dopo un certo periodo - al primo orso ancora in vita di quella cucciolata. "E questo è Knut". Allo stesso tempo, il direttore dello zoo di Neumuenster, Peter Druewa, ha detto all'agenzia stampa Dpa di non sapere né quale sarà la prossima casa di Knut, né quando l'orso lascerà Berlino. "Per le feste natalizie sarà ancora nello zoo di Berlino - ha commentato - ma non sono sicuro se rimarrà fino a Pasqua". In realtà Knut potrebbe non restare in Germania: sarebbero in corso trattative per cedere l'orso bianco più famoso del mondo ad un altro zoo, probabilmente quello di "Orsa", in Svezia, che nel 2009 aprirà un enorme recinto per orsi di 4 ettari di superficie. Insomma, per Knut potrebbe aprirsi un periodo di nomadismo e gli esperti avvertono: attenzione, l'orso è cresciuto nello zoo, è abituato al contatto quotidiano con migliaia di persone, potrebbe subire uno schock psicologico da tutti questi trasferimenti. Dietro le quinte, nota il britannico Independent, le aride cifre del fenomeno Knut: per Berlino l'orso è una vera e propria miniera d'oro, con un giro d'affari ( si trovano anche tazzine da caffé con le foto dell'orsetto...) stimato in 10 milioni di euro l'anno. Ma è anche vero che non tutti questi soldi restano allo zoo e che far rimanere Knut, conti alla mano, costerebbe circa 9 milioni, fra spese crescenti per il mantenimento e acquisto di una compagna. Troppo, per le casse dello zoo della capitale. Ecco allora che le migliaia di Berlinesi affezionati a Knut potranno goderselo ancora qualche mese, ma poi dovranno rassegnarsi a perderlo di vista. Chi gli vuole bene ha già individuato la soluzione ideale: lo zoo di Gelsenkirchen. Dove lo aspetta un'orsa polare di tre anni, Lara.

giovedì 13 novembre 2008

Free bears in free blog


Sono un blogger che da quasi due anni racconta storie di uomini e di orsi.
Sono un blogger e grazie alla tecnologia posso esprimere le mie idee e farle arrivare a tantissime persone, che probabilmente la pensano anche diversamente da me
Sono un blogger e sono anche un po' orso
Sono un blogger e il mio territorio è la rete, un territorio vasto, senza confini
Sono un blogger e se mi rinchiudete, se mi limitate, se mi incatenate, divento cattivo, ho unghie e denti forti
Sono un blogger e sono libero...

...per ora

(da PuntoInformatico)
Era ottobre 2007. Il consiglio dei ministri approvava il cosiddetto "DdL Levi-Prodi", disegno di legge che prevedeva per tutti i blog l'obbligo di registrarsi al Registro degli Operatori di Comunicazione e la conseguente estensione sulle loro teste dei reati a mezzo stampa.
La notizia, scoperta del giurista Valentino Spataro e rilanciata da Punto Informatico, fece scoppiare un pandemonio. Si scusarono e dissociarono i ministri Di Pietro e Gentiloni, ne rise il Times, Beppe Grillo pubblicò un commento di fuoco sul suo blog. Il progetto subì una brusca frenata e dopo un po' le acque si calmarono. Cadde il governo Prodi.
Un anno dopo: novembre 2008. Un altro giurista, Daniele Minotti, si accorge che il progetto di legge gira di nuovo nelle aule del nostro Parlamento, affidato in sede referente alla commissione Cultura della Camera (DdL C. 1269).
Minotti ne fa una breve analisi sul proprio blog, marcando le diversità fra il nuovo testo e quello precedente. Abbiamo tuttavia alcune differenze di interpretazione. Diamo insieme un'occhiata ai punti salienti del progetto di Legge per capire cosa possono aspettarsi i navigatori e i blogger italiani:
Art. 2.
(Definizione di prodotto editoriale).

1. Ai fini della presente legge, per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione o di intrattenimento e destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso.

Qualsiasi blog rientra in questa definizione.

Art. 8.
(Attività editoriale sulla rete internet).

1. L'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale sulla rete internet rileva anche ai fini dell'applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa.

3. Sono esclusi dall'obbligo dell'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione i soggetti che accedono alla rete internet o che operano sulla stessa in forme o con prodotti, quali i siti personali o a uso collettivo, che non costituiscono il frutto di un'organizzazione imprenditoriale del lavoro.
All'apparenza il comma 3 escluderebbe la maggioranza dei blog dall'obbligo di registrazione e dai correlati rischi legali. Ma non è così. Ecco alcuni esempi pratici.

Il blog di Beppe Grillo ha una redazione, ha banner pubblicitari, vende prodotti. In parole povere: sia secondo il Codice Civile, sia secondo la comune interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, fa attività di impresa. Se il progetto di legge fosse approvato, perciò, Beppe Grillo avrebbe con tutta probabilità l'obbligo di iscriversi al ROC. Non solo: sarebbe in questo modo soggetto alle varie pene previste per i reati a mezzo stampa.

Affari suoi, diranno forse alcuni. Eppure non è l'unico a doversi preoccupare. Nella stessa situazione si troverebbero decine, probabilmente centinaia di altri ignari blogger. Infatti: chiunque correda le proprie pubblicazioni con banner, promozioni, o anche annunci di Google AdSense, secondo la comune interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, fa attività di impresa.

Il ragionamento è semplice. L'apposizione di banner è un'attività pubblicitaria continuativa che genera introiti; una prestazione continuativa è un'attività di impresa; chi fa impresa grazie alle proprie pubblicazioni deve registrarsi al ROC; chi è registrato al ROC può incorrere nei reati di stampa. Chi invece è in questa situazione e non si registra al ROC, può essere denunciato per stampa clandestina (ricordiamo un caso recente).

Per quanto in nostra conoscenza, manca ancora un pronunciamento strettamente ufficiale dell'Agenzia delle Entrate (interpello) se l'uso di qualche banner rientri nelle attività dell'impresa (ma l'orientamento è piuttosto chiaro: banner = attività lucrosa continuativa; attività lucrosa continuativa = impresa).

Per questa ragione, se il progetto di Legge venisse approvato come è ora proposto, saremmo nel migliore dei casi di fronte ad una legge passibile di più interpretazioni e quindi potenzialmente molto pericolosa. Facciamo un esempio di fantasia, ambientato a Paperopoli.

Rockerduck: "Se non cancelli l'articolo sul tuo blog che parla male di me, ti trascino in tribunale per diffamazione a mezzo stampa."
Paperino: "Ma il mio blog non è una testata!"
Rockerduck: "Però hai un banner pubblicitario, quindi potresti essere un'impresa, e quindi devi iscriverti al ROC. Anzi, se non togli l'articolo ti denuncio pure per stampa clandestina."
Paperino: "Ok. Sob."

Provate a sostituire "Rockerduck" con "picciotto" e "Paperino" con "cittadino" e il gioco è fatto.

(dal Blog di Beppe Grillo)
La Commissione che deve esaminare la proposta di legge inizierà a breve i lavori sulla "ammazzablogger". Un sostegno da parte della Rete la aiuterà a prendere le decisioni.
Loro non molleranno mai (ma gli conviene?), noi neppure.

Inviate le vostre foto con la scritta: "FREE BLOGGER":
Invia una mail a freeblogger@beppegrillo.it con:
- Oggetto: il tuo nome
- Testo: indirizzo del tuo blog
- Allegato: la tua foto con un cartello "Free Blogger"
Le foto appariranno nella barra superiore del blog.

Val Seriana, JJ5 va in letargo

Dopo aver emesso regole e divieti a salvaguardia della sicurezza dell’uomo, il Parco delle Orobie Bergamasche risarcisce i primi danni provocati da JJ5 che potrebbe trascorrere il letargo in Val Seriana. Mentre l’orso dorme, auspica il presidente del Parco Franco Grassi, è urgente attivare azioni per la messa in sicurezza di bestiame e coltivazioni.

Il Parco Regionale delle Orobie Bergamasche, dal 21 maggio, giorno della prima segnalazione avvenuta a Castione della Presolana, è alle prese con un esemplare di orso bruno che, in modo naturale, si aggira nel territorio bergamasco senza tenere conto dei confini, ma muovendosi come una specie che necessita di un vasto habitat.
Secondo le segnalazioni e i sopralluoghi degli esperti del parco, in questi ultimi giorni l’orso, si sarebbe fermato in Val Sanguigno, non molto lontano dalla località storicamente denominata “Tane dell’Orso”, una zona che nell’Ottocento rappresentò una tana storica per generazioni di orsi, che vi si ripararono in continuazione, soprattutto nel periodo del letargo.
JJ5, è figlio di Jurka e di Joze, due dei dieci esemplari reintrodotti tra il 1999 ed il 2002 dal Parco Adamello Brenta e provenienti dalla Slovenia meridionale grazie a un progetto finanziato dall'Unione europea (Lifes ursus).
La sua presenza, seppure prova concreta dell’ottimo stato di conservazione del territorio delle Alpi Orobie, sta creando disagio tra i pastori della valle, spaventati per le greggi e tra gli agricoltori che non potrebbero sopportare eventuali danni provocati dall’orso ad alveari e altre colture.
“La presenza di questo esemplare - rende noto il presidente del Parco delle Orobie Bergamasche Franco Grassi – comporta inevitabilmente l’investimento di risorse e la messa a punto di strategie che innanzitutto sanciscano la sicurezza dell’uomo. Parallelamente è importante prendersi cura dell’economia della zona, per non chiedere ulteriori sacrifici agli operatori. Il primo conto dei danni provocati dall’orso è stato saldato ma secondo le ultime stime gli animali predati sfiorano le 100 unità senza contare i danni provocati all’agricoltura e gli alveari distrutti.
Per ora il Parco, grazie a una polizza assicurativa ad hoc e un’integrazione a spese dello stesso Parco ha liquidato (con 3.200 euro, valutando cioè oltre 130 euro il valore di ogni capo, il cui costo, mediamente, è al di sotto dei 100 euro) i danni provocati ad agosto al pastore che in Valcanale perse 24 pecore ma questo non basta. E’, infatti, necessario intervenire per mettere in sicurezza allevamenti, stalle, campi e luoghi di lavoro per non arrivare a vederci costretti a catturare l’orso per trasportarlo in elicottero al suo luogo di origine. L’orso potrebbe infatti risvegliarsi più affamato di quando non si sia addormentato”.
“Inoltre - aggiunge il dott.Luca Pellicioli, consulente veterinario del Parco - l’accertamento del danno da predazione è un atto di medicina legale veterinaria che viene svolto direttamente sul posto in stretta collaborazione con il Servizio di Sanità Pubblica Veterinaria dell’Asl di Bergamo ed il supporto del Corpo di Polizia Provinciale. Oltre ad esser un passaggio obbligatorio secondo le vigenti normative, risulta fondamentale al fine della verifica della reale causa di morte degli animali e per la produzione della idonea certificazione sanitaria da inoltrare per la richiesta di indennizzo da parte del danneggiato”.
Mentre proseguono sopralluoghi per monitorare gli spostamenti di JJ5 e verificare direttamente i danni provocati in questi giorni, attraverso l’esecuzione di diagnosi di predazione sulle carcasse ritrovate morte sul territorio, il Parco delle Orobie Bergamasche ha stretto una convenzione con l’Università di Pavia per la supervisone scientifica della gestione dei predatori. Grazie all’accordo sarà possibile pianificare azioni di intervento per la messa in sicurezza del territorio.
Il monitoraggio degli spostamenti dell’orso consentirà al Parco delle Orobie Bergamasche insieme con gli enti territoriali coinvolti, il “gruppo regionale di studio, ricerca e coordinamento dell’orso bruno” di sviluppare future strategie di conservazione dell’orso e di tutela del territorio e della gente che ci vive con l’auspicio che si possa approfittare della stagione del letargo per essere sereni e pronti ad accogliere in primavera il risveglio dell’orso con strumenti legislativi ed azioni adeguati.

Fonte: L'Eco di Bergamo.it

Uomo e orso a confronto: una convivenza possibile?


Sabato 22 novembre 2008 l’associazione “Montagna Grande Onlus” in collaborazione con il Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise, nei colori autunnali della Valle del Giovenco, nell’ambito del progetto Campagna alimentare per la salvaguardia della biodiversità nel Parco, propone una giornata di incontro sul tema: “Coesistenza tra popolazioni locali e Orso Bruno

Programma

ore 9.45 – 12.00 Bisegna Centro Capriolo
Coesistenza tra popolazioni locali e fauna selvatica. Possibilità di sviluppo ecocompatibile.
Lo spopolamento dei centri montani, l’invecchiamento delle popolazioni, l’abbandono delle attività agropastorali e delle coltivazioni, rendono l’habitat montano atipico ed in abbandono, costringendo la fauna selvatica all’abbandono del proprio Habitat per la ricerca di risorse alimentari.
Le associazioni territoriali sono impegnate a contrastare questi fenomeni dedicandosi alla ricerca di soluzioni che possano da una parte aiutare la fauna selvatica, con l’aumento delle risorse trofiche, dall’altra cercare soluzioni di sviluppo economico per la sopravvivenza delle popolazioni locali…

Presentazione progetto campagna alimentare “un orso per amico”, Montagna Grande Onlus.


Saluti dai Sindaci di: Bisegna, Ortona, Gioia, Pescina,(Valle del Giovenco)
Intervengono: PNALM Presidente/Direttore, politiche ed attività del Parco, Università la sapienza, a che punto la ricerca scientifica. CFS attività di salvaguardia e tutela della biodiversità. Presidente/Direttore Mirror/Micron quali possibilità di sviluppo, risorse umane valore imprescindibile. Telespazio, il satellite può darci una mano.

Partecipano: Pres. Comunità Montana valle del Giovenco Eramo Manfredo, Vicepresidente regione Abruzzo Daniela Stati, Assessore provinciale ambiente Fina, presidente comunità del parco D’Orazio, presidente CAM Tedeschi, Componente organo esecutivo PNALM Forte P., rappresentanti associazioni territoriali, Legambiente, wwf , Amici dell’Orso Bernardo, Ass. Orso and friends, Ass. Marsicana Giovenco, Quelli che l’orso, Sherpa.

ore12.00–13.30 Esposizione Opere Concorso fotografico e premiazione vincitori.

Presentazione foto documentario La Valle del Giovenco tra natura e storia (di Mauro D’amore)
Premio alla memoria Di Giulio Domenico ore 13.30

Buffet-lunch presso il Bed & Breakfast Vivilibero

INFO 3395761703-3331948465

WeB: www.montagnagrande.it


lunedì 3 novembre 2008

L'orso JJ5 sverna sulle Orobie

Cinque pecore sbranate in quota: un ritrovamento che sembra portare una firma ben precisa, quella di JJ5, l'orso bruno di tre anni giunto dal Trentino che quest'estate ha involontariamente attirato i riflettori dei media su di sé.
Nella Bergamasca, e in particolare nella zona di Valgoglio, ha trovato un ambiente ideale: ha sbranato indisturbato 68 ovini e ha svuotato 5 arnie. Ma l'ennesimo rinvenimento di una predazione di plantigrado in terra bergamasca, se confermato, non significa soltanto che è ancora nei nostri paraggi, ma che probabilmente ha intenzione di trascorrere qui l'inverno. A fine settembre infatti l'orso era tornato sui suoi passi per raggiungere la Valtellina, dopo aver lasciato una ventina di giorni fa a Vilminore un'impronta nella cera di un'arnia distrutta, ma ora sembra aver fatto dietrofront.
L'autenticità della sua «firma» non c'è ancora (arriverà probabilmente lunedì 3 novembre dopo il sopralluogo della polizia provinciale). Ma Matteo Zanga, 28 anni, di Villa d'Ogna – fotografo, tecnico del Soccorso alpino e volontario della Croce Blu di Gromo – non ha alcun dubbio. «Soltanto un orso – dice – avrebbe potuto compiere una tale carneficina».
Domenica, intorno alle 7, Zanga è partito da Valgoglio incamminandosi in solitaria lungo il sentiero della Val Sanguigno. «Arrivato a circa 1.400 metri d'altezza – racconta – ho trovato un pastore che cercava le sue pecore: una ventina, secondo lui, erano state sbranate dall'orso. Mi ha quindi pregato di guardarmi intorno e di avvertirlo in paese, a Valgoglio, nel caso le avessi avvistate. Mi ha poi indicato la zona dove poco prima aveva trovato le carcasse delle sue bestie». Zanga è arrivato a quota 1.600 metri, nei pressi del sentiero che dal rifugio Gianpace conduce alla capanna del Lago Nero, e si è insospettito vedendo dei corvi che svolazzavano in una zona. «Ho trovato a terra cinque pecore: erano state sbranate a una trentina di metri l'una dall'altra, su una coltre nevosa alta circa dieci centimetri. Una pecora, in particolare, è stata trascinata sulla neve, e la scia di sangue era ancora ben visibile, fino sotto un pino del vicino bosco. Alcune sembravano solo uccise». Matteo Zanga ha quindi fotografato le pecore sbranate ed è ridisceso a valle. «Di quelle vive – chiosa – non ne ho vista nemmeno una. Di animali morti, ogni tanto, mi è capitato vederne in montagna. Ma è la prima volta che mi capita di vedere una tale scena».
Parla con prudenza, ma non nasconde un pizzico di soddisfazione, il responsabile del Servizio faunistico provinciale, Giacomo Moroni, che segue le scorribande dell'orso sin dal suo arrivo nelle nostre valli. «In un primo momento – spiega –, dal punto di vista zoologico-tecnico scientifico, si ipotizzava che l'orso stesse tornando verso il Trentino, nel parco Adamello-Brenta, l'area dov'è nato, ha trascorso i suoi primi tre inverni. Ma JJ5 non smette mai di stupirci e sembra essersi veramente affezionato al nostro territorio».
«Nonostante abbia accumulato un notevole strato di grasso sottocutaneo – spiega Moroni – l'orso, se quest'ultimo rinvenimento viene confermato, non intende più andare in letargo nella sua terra d'origine. Pare quindi deciso di svernare sulle Orobie bergamasche. Dato questo che conferma la ancora elevata naturalità del territorio. Non a caso, infatti, tra le nostrane cavità naturali ci sono molti toponimi che si rifanno proprio all'orso». Attenzione però: se mai trovaste JJ5 in qualche anfratto non fotografatelo (lo vieta una un'ordinanza emessa dal Parco delle Orobie), non dategli da mangiare (non ne ha bisogno) e, soprattutto, non disturbate il suo sonno.

Fonte: l'eco di Bergamo

Numero verde per segnalare gli orsi nei paesi

Da oggi sarà più facile per i cittadini contattare il Servizio Sorveglianza del Parco attraverso il numero verde
800 010 905
attivo tutti i giorni dalle ore 19.00 alle ore 8,00. Il numero potrà essere utilizzato per segnalare la presenza di orsi all’interno dei centri abitati e per altre eventuali emergenze che dovessero verificarsi a causa della presenza dei plantigradi. In base alle esperienze di questi ultimi mesi, il servizio è rivolto soprattutto ai cittadini della Valle del Giovenco e della Valle del Sagittario, dove sono più frequenti le incursioni degli orsi all’interno dei centri abitati, anche se recentemente non sono mancate segnalazioni anche in ambito urbano nell’Alto Sangro. Intanto procedono le operazioni per dotare gli orsi confidenti di radiocollare satellitare per monitorarne gli spostamenti e intensificare le azioni di dissuasione: recentemente due femmine sono state dotate di tale attrezzatura.
Con l’attivazione del numero verde, le segnalazioni dei cittadini contribuiranno a rendere più efficaci le azioni messe in campo dall’Ente Parco e dal Corpo Forestale dello Stato per il controllo degli orsi e delle loro interferenze con le attività umane.

sabato 1 novembre 2008

L'orso bruno nei Pirenei - Seconda parte

Gli eventi accaduti agli orsi rilasciati nel 2006 furono meno felici. Per prima cosa, Balou decise di spostarsi oltre le montagne. Venne visto a 30 km dalla periferia di Tolouse prima di decidere, fortunatamente per lui, di tornare sui Pirenei, evitando così di essere catturato o, peggio, ucciso. Nello stesso anno del suo rilascio Palouma venne trovata morta ai piedi di una parete rocciosa, a 2100 metri di altezza: uno strano posto per andare a morire.
Gli oppositori affermarono che gli orsi sloveni non erano abituati ad un ambiente così elevato, mentre i sostenitori del progetto avanzarono l'ipotesi che Palouma, probabilmente braccata da cacciatori, venne spinta a trovare riparo in un ambiente per lei poco ospitale. Franska, che venne vista molte volte vicino i centri abitati in cerca di cibo, si ammalò e venne trovata morta nel 2007 su una strada, investita da un'auto, anche se i veterinari affermarono che all'interno del corpo vennero ritrovati molti proiettili...
Hvala rimaneva quindi la più fortunata, e diede alla luce due maschi, chiamati Pollen e Bambou. Probabilmente era stata fecondata prima di essere catturata in Slovenia. Sarousse, grazie alla sua calma, non ebbe mai problemi, se non qualche piccola ferita. Nel 2008 hanno sparato "accidentalmente" a Balou, fortunatamente senza conseguenze gravi: ha riportato una ferita ad una zampa che lo costringe oggi a camminare solo su tre zampe. Boutxy, figlio di Pyros, descritto da sempre come un superbo e sano esemplare maschio, è stato colpito quest'anno da un minibus su una piccola strada: anche lui fortunatamente si è salvato, e anche lui purtroppo zoppica.
Non sono buone notizie, sapendo che un orso ferito è più pericoloso di un orso sano...

Gli oppositori del progetto e degli orsi in generale sono principalmente gli allevatori dei Pirenei. Le loro greggi sono attaccate occasionalmente da predatori, forse nella maggior parte dei casi da orsi (forse, dato che è statisticamente provato che l'orso non è fra i predatori più feroci). Allo stesso modo in cui le greggi delle Alpi della Francia Meridionale sono attaccate dai lupi. Un altro forte oppositore è la comunità dei paesi dei Pirenei, che spesso si lamentano del fatto che gli orsi girano intorno alle loro case, annusando e cercando cibo nei cassonetti. Nella maggior parte dei casi questa gente non ha mai avuto un incontro diretto con gli orsi, ma sono fortemente convinti che la coabitazione fra uomo ed orso sia impossibile. Quando gli orsi sloveni sono nominati, la popolazione locale parla di una remota terra vicino la Russia (la Slovenia) e di alcuni carnivori mostruosi che non hanno nulla in comune con i "gentili" orsi nativi. Gli oppositori hanno spesso anche l'appoggio di figure politiche "occasionali" che "adottano" la causa anti-orso, in cerca di un riscontro e di un'approvazione da parte della popolazione locale. Infine, ci sono molte persone che pur non vivendo in queste regioni sono convinte che l'orso non sia un animale buono perché pericoloso e che sia una minaccia per i turisti e per le persone che abitano quei luoghi. Questo tipo di persone basa la sua opinione su episodi avvenuti in Nord America o nell'Europa dell'est, nella maggior parte dei casi visti in TV. In aggiunta è pensiero comune che la reintroduzione e il monitoraggio di questi animali abbia costi elevati e che quei soldi potrebbero essere spesi in un modo migliore. Tutti questi discorsi possono essere facilmente spazzati via. Se l'orso può essere pericoloso in alcune specifiche situazioni e molto lontano dall'essere sistematicamente pericoloso per l'uomo. Gli orsi non sono molto impavidi spesso nel momento in cui rilevano la presenza dell'uomo, scompaiono senza farsi vedere. Possono sembrare pericolosi in alcune occasioni come per esempio quando una femmina è in compagnia dei suoi cuccioli, ma nella maggior parte dei casi evitano la fonte di disturbo senza attaccare. L'ultimo attacco costato la vita ad un uomo nei Pirenei risale a 150 anni: le vipere danno molte più noie. Per quanto riguarda il lato economico, la somma utilizzata è microscopica se paragonata alle spese principali che uno stato può affrontare: un orso costa meno di un centesimo di Euro ad ogni abitante Francese. L'unica argomentazione che si può prendere in considerazione è quella portata avanti dagli allevatori, ormai soggetto di un acceso dibattito.

I Pirenei, dalla seconda metà del XX secolo, sono stati soggetti da un fenomeno comune a molte zone rurali dell'Europa occidentale: la depopolazione. Questa era dovuta a due fattori principali: la migrazione dalle zone rurali ai centri cittadini maggiori come Pau, Touluose o Bordeaux, più ricchi di lavoro e di opportunità e della bassa possibilità di produzione agricola nella zona dei Pirenei. Ad oggi, le entrate economiche maggiori nei Pirenei si hanno grazie alla produzione di merce di alta qualità (formaggi, latte, carne...), prodotti ancora con metodi tradizionali, certificati e protetti nella loro autenticità e qualità: senza questi riconoscimenti, i prodotti dei Pirenei non sarebbero concorrenziali. L'agricoltura pirenaica è anche estremamente dipendente dai finanziamenti europei. Da un punto di vista ambientale tutto ciò ha portato ad un mutamento profondo: i campi vengono abbandonati, le foreste vengono sfoltite e sfruttate economicamente; molti sentieri e mulattiere non sono sottoposti a manutenzione periodica e in molte zone, al confine col bosco, si formano arbusteti che possono ardere durante l'estate. I Pirenei vivono un paradosso in questi tempi moderni: non sono mai stati una meta sciistica o soggetti ad uno sfruttamento edilizio, non sono battuti da molti escursionisti e non hanno strade asfaltate secondarie, elettrodotti o antenne. I Pirenei stanno andando in una direzione opposta: sono sempre più selvaggi. Forse è proprio per questa ragione che animali selvatici come l'avvoltoio bruno, il camoscio e la marmotta, tutti vicini all'estinzione, godono oggi di una buona salute. Anche la lince dei Pirenei, dichiarata estinta da oltre 50 anni sembra riapparsa come affermato da alcuni testimoni.
Torniamo indietro ai fattori macroeconomici di questo fenomeno, che risulta così poco redditizio per gli allevatori: i Pirenei devono sviluppare altre forme di pastorizia per fare in modo che tutto funzioni ancora. Dato che per molti anni la maggior parte dei predatori vennero cacciati, gli allevatori presero l'abitudine di lasciare le greggi sole sulle montagne. Il tempo è denaro, e la presenza umana che bada alle greggi costa. Questa è forse l'unica regione montuosa d'Europa dove centinaia di pecore vagano in completa libertà, e dove la parola "pastore" risulta sempre più strana dato che, di norma, i pastori abitano in montagna. Con la riapparsa dei predatori, è normale che avvengano incidenti: orsi ma non solo...avvoltoi, lupi, linci. Ma i predatori selvatici rimangono ancora una minoranza. La maggior parte degli attacchi alle greggi avviene ad opera di cani randagi che tornano alla vita selvatica, simili ai lupi. Alcune persone sono testimoni di un branco di husky provenienti dalle vicine stazioni sciistiche , lasciati in completa libertà, attaccare delle pecore. Ad ogni modo, neanche questo è il fattore di morte maggiore per le greggi. La maggior parte dei capi che muore in montagna muore a causa di malattie. La presenza dell'uomo e dei cani in prossimità delle greggi oltre previene l'attacco da parte dei predatori assicura anche un controllo ed una prevenzione delle malattie che possono colpire il bestiame: la febbre catarrale ovina (FCO o malattia della lingua blu) si è propagata a causa di una mosca che abitava il nord Africa e che si è stabilizzata nei Pirenei. Sono nel 2008, la FCO ha causato più morti che tutti gli orsi dei Pirenei in 10 anni. il governo, insieme col dipartimento che si occupa della reintroduzione e del monitoraggio degli orsi, ha proposto di offrire agli allevatori, gratuitamente, dei cani pastori pirenaici (chiamati comunemente "Patous"), insieme a recinti elettrificati. Inoltre è stato deciso che tutti gli attacchi degli orsi alle greggi debbano essere prontamente risarciti, anche quando l'aggressore non è chiaramente identificato come un orso (i danni causati dai cani, ad esempio non sono rimborsati). Le somme finora risarcite sono piuttosto alte. Sfortunatamente entrambe le decisioni hanno portato ad effetti indesiderati. I cani donati ai pastori spesso vengono rifiutati perché visti come una rassegnazione al fatto che i predatori debbano essere accettati, una violazione della loro libertà ad allevare liberamente il bestiame. Per quanto riguarda gli aiuti economici, però, la tendenza è ben diversa. Gli attacchi sono riportati sistematicamente, anche quando non sono dovuti agli orsi. Quando la ferita è grande, la causa è sicuramente un orso; quando la ferita è piccola o quando non ci sono indizi del passaggio di un orso (impronte, recinti distrutti, escrementi, peli ecc..) l'indennità viene comunque elargita: gli ispettori non affrontano a cuor leggero i pastori furiosi. Recentemente infatti è stata denunciata questa forma di abuso, in cui ogni singolo incidente è sistematicamente segnalato e risarcito sia quando l'aggressione è ipotetica, sia quando non ci sia deliberatamente una ferita. Paradossalmente gli allevatori continuano a sfilare contro la reintroduzione di nuovi orsi...
Considerando tutti questi fatti, possiamo legittimamente chiederci quale sia la reale parte di responsabilità dell'orso nella crisi che la pastorizia sta vivendo. Nella realtà, come si vede, il problema è più complesso. La rimozione degli orsi non risolvere il problema. L'attività dei pastori è in difficoltà e in pericolo. Dal mio punto di vista egoistico, seduto sulla sedia di fronte al PC da qualche parte in una città, non vorrei veder scomparire dai nostri supermercati la buona carne e il buon formaggio. Tuttavia, mi sento frustrato nel sapere che questi ipotetici buoni prodotti possano provenire da potenziali animali malati. Sono pronto a dare qualche euro in più con le mie tasse per continuare a promuovere le tradizioni e i prodotti delle nostre regioni e per non esser obbligato in un futuro a dover mangiare sempre le solite cose da supermarket. Sono sicuro che quasi il cento percento dei cittadini francesi, a favore o contro gli orsi, pensa la stessa cosa. Allora, perché gli allevatori non parlano di questi problemi? Perché non sfilano per fare in modo di ottenere dei finanziamenti che salvino i loro prodotti? Hanno più paura degli altri uomini che dell'orso? Senza dubbio, con tutto il background storico, i riferimenti culturali e tutto ciò che l'animale ispira, l'orso gioca un ruolo psicologico. Forse, visto che la sua presenza è un fatto concreto, l'orso può essere un miglio argomento più facile su cui dibattere con frasi tipo "il governo ha deliberatamente minacciato la nostra attività". Così, l'orso è percepito come una provocazione fatta dai cittadini, da un potere centrale perverso, sito in quel di Parigi, così lontano dai monti. In questa situazione, è chiaro che l'orso è solo un capro espiatorio. Si riuscirà ad invertire la rotta con una presa di coscienza da parte di tutti coloro che si oppongono , facendo in modo che questi si preoccupino più della loro attività che dell'orso? Speriamo che questa mentalità cambi presto...

Fonte: Pyrenee's bears : Why the hell so much noise ?

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L'orso bruno nei Pirenei - Prima Parte

venerdì 31 ottobre 2008

Ponte: orsi e uomini possono convivere?

Avvistamenti, incursioni, danni a piccoli allevamenti e battaglie animaliste. Da molti mesi, ormai, gli orsi bruni sono protagonisti delle cronache così come il conflitto che la loro reintroduzione sulle Alpi ha creato, in alcuni casi, con gli insediamenti umani. Come andrà a finire? Se ne parlerà stasera, a Ponte di Legno in Alta Valcamonica, in una serata organizzata dal Parco dello Stelvio.
Ci sarà Cristina Fraquelli, medico veterinario di Life Ursus, a parlare della convivenza tra orsi e uomini questa sera a Ponte di Legno. L'incontro avrà inizio alle 21 e si terrà presso la sala consiliare del Comune ad ingresso libero.
Con questo evento, il Parco dello Stelvio spera di approfondire il progetto di reintroduzione dell’orso bruno in Trentino e e dare risposte in merito alla convivenza tra orsi e uomini, che spesso crea conflitti e criticità.
L'orso, infatti, vent'anni fa si era quasi estinto sull'Arco alpino a causa della persecuzione diretta da parte dell'uomo e della riduzione dell habitat. Ma nel 1996, il Parco Naturale Adamello Brenta ha avviato il progetto Life Ursus per reintrodurlo sulle nostre montagne, con la collaborazione della provincia di Trento e dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica oltre che il supporto dell'Unione Europea.
Il progetto ha funzionato e di recente i piccoli orsi discendenti dall'ultimo nucleo di plantigradi rimasto sulle Alpi si sono spostati dal territorio d'origine, arrivando fino in Valtellina e oltrepassando i confini italiani verso Austria e Svizzera. Ben noti sono i conseguenti problemi e le ostilità create negli insediamenti umani.
Stasera, a Ponte di Legno, tra filmati e discussioni, sarà possibile capire meglio come vivono questi animali e come possono convivere con l'uomo nei pressi di paesi e cittadine montane. E sarà spiegato nei dettagli il progetto Life Ursus.

Fonte: Montagna.tv

lunedì 27 ottobre 2008

L'orso bruno nei Pirenei - Prima parte

Alcuni di voi e soprattutto coloro che vivono in Francia, Spagna e Slovenia, hanno sentito almeno una volta parlare degli orsi problematici dei Pirenei. Spesso, questo argomento è trattato dai media, facendo ascoltare la voce di entrambi i soggetti coinvolti:da un lato i sostenitori dei diritti degli animali, dall'altro i loro avversari. Nella maggior parte dei casi, rifacendosi solo ai mezzi di comunicazione, è difficile farsi un'idea propria sulla questione a causa di una mancanza di fatti concreti e di informazioni più precise.
Se si chiede un commento in merito alla gente comune, quasi tutti dicono "Amo gli orsi, sono animali splendidi e penso che debbano essere salvati, ma se ne incontrassi uno non so cosa farei, per questo motivo comprendo anche le ragioni degli allevatori".
Seguendo un altro approccio, alcune persone, vicine alla visione politica anti-globale, tendono a favorire la fazione opposta, che suona meno "ecologicamente utopica" e più vicina al contesto e alla situazione reale. Ma spesso questa posizione non esprime ragioni concrete.
Lo scopo di questo articolo quindi è di fare un po' di chiarezza.
La popolazione di orsi bruni dei Pirenei iniziò a diminuire circa 200 anni fa con l'introduzione delle armi da fuoco che fecero di questi monti un'area molto popolare per la caccia.
Dopo la seconda guerra mondiale la caccia si arrestò quasi completamente, ma la popolazione era ormai già troppo ridotta per continuare a sopravvivere e si frammentò in diversi nuclei: una popolazione ad ovest, una nell'Ariège e una nei Pirenei centrali. Negli anni '90 la popolazione dei Pirenei centrali scomparve e 7 orsi rimasero nell'intera catena montuosa. Ad oggi anche la popolazione occidentale è quasi estinta e la maggior parte degli orsi rimanenti, circa 20 individui, e concentrata nell'Ariège, dove si trova il cuore del "problema"...
Quando gli orsi dei Pirenei raggiunsero questo livello vennero decise alcune reintroduzioni dato che per salvare questa "famiglia" gli orsi originali che vivevano sui Pirenei non erano abbastanza numerosi.
La domanda principale era: "quali orsi reintrodurre?". Dovevano essere orsi molto simili a quelli pirenaici per morfologia, etologia e per habitat.
Logicamente gli orsi più vicini ai Pirenei erano quelli del Picos de Europa (nella Spagna settentrionale) dove vivono circa 70 orsi; la separazione di questa popolazione con quella dei Pirenei è piuttosto recente nella storia naturale dal momento che anche i Paesi Baschi erano popolati, fino a qualche tempo fa, da orsi. Purtroppo la popolazione del Picos de Europa era, secondo gli esperti spagnoli, troppo fragile e non avrebbe sopportato il prelievo di 5-10 esemplari per ripopolare i Pirenei, così si iniziò a guardare nei paesi esteri. In modo prevedibile vennero esclusi a priori gli orsi scandinavi, adattati ad un habitat troppo diverso e ad un'alimentazione quasi esclusivamente carnivora. Gli orsi Greci e delle Alpi erano come quelli dei Pirenei, quasi sull'orlo dell'estinzione, tanto che l'Italia stessa ne ha dovuti importare dalla Slovenia. Rimanevano solo quelli delle Alpi Dinariche.
Prima della totale estinzione della popolazione occidentale, venne considerata la possibilità di acquistare alcuni orsi dalla Romania o dalla Slovacchia, anche perché esiste una certa problematicità legata all'alta densità di orsi in questi paesi (come ad esempio nella Romania settentrionale), ma l'idea venne abbandonata quando si vide che gli orsi sloveni erano geneticamente più simili a quelli pirenaici e che vivevano in un ambiente più simile a quello di destinazione.
Il confine settentrionale delle Alpi Dinariche, ha la particolarità di ospitare una popolazione molto grande di orsi, alcune volte problematici. Ogni anno, una parte degli orsi veniva abbattuta, proprio perché erano troppo numerosi e tendevano ad avvicinarsi troppo agli insediamenti umani. Le autorità slovene sono fra le migliori nella cattura e nell'esportazione degli orsi allo scopo di aiutare gli altri paesi nel recupero delle popolazioni di orsi.
Gli orsi sloveni vennero dunque scelti. I plantigradi catturati vennero prima narcotizzati, caricati e trasportati per 2000 km da Sneznik ad Ariège. Gli orsi rilasciati nel 2006 vennero anche radiocollarati e schedati geneticamente. Ci furono due rilasci principali:
  • 3 orsi fra il 1996 e il 1997: 2 femmine, Melba e Ziva e 1 maschio, Pyros
  • 5 orsi nel 2006: 4 femmine: Franska, Palouma, Hvala e Sarousse e 1 maschio Balou
Ziva partori due cuccioli maschi nel 1997, Nerè e Kouni, quest'ultimo sfortunatamente morì 3 anni dopo. Nerè, invece, si riprodusse con una femmina locale, Canelle, generando un maschio, il primo "ibrido" fra gli orsi sloveni e quelli pirenaici. Ziva, fra il 2000 e il 2004, diede alla luce altri tre cuccioli maschi ma uno di questi morì. Pyros era un maschio molto attivo e si accoppiò con Melba, generando due cuccioli, un maschio, Bouxti e una femmina, Caramelle, che più tardi si accoppiò con lo stesso Pyros dando alla luce due maschi, uno morto nel 2001 e uno ancora vivo (almeno fino al 2003) ma senza nome. Il secondo rilascio venne deciso dopo l'"accidentale" uccisione di Canelle, l'ultima orsa originale, nel 2004. Ci fu un periodo molto teso, gli oppositori al rilascio bloccarono e manifestarono sui luoghi scelti per la liberazione degli orsi. Il municipio del villaggio di Arbas venne vandalizzato e i poliziotti intervennero per sedare gli scontri prima del tentativo di rilascio di Palouma. Tutti e cinque gli orsi vennero liberati i di notte e velocemente in aree che rimasero segrete fino all'ultimo momento. Ma gli eventi per gli orsi rilasciati nel 2006, furono meno felici di quelli dei loro predecessori...

Continua...

Fonte: Pyrenee's bears : Why the hell so much noise ?

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Hvala, un orsa nel mirino

L’elicottero gira sopra la sua testa. L’orsa Hvala si nasconde nei boschi del Portet, in qualche anfratto là sotto, dove si crede al riparo dalla strana bestia volante. Non sa di non avere scampo, perché gli uomini possono seguire i suoi spostamenti grazie al microchip che le è stato iniettato poco più di due anni fa, a scopi scientifici ed ecologici. Hvala era stata trasferita dalla Slovenia ai Pirenei nel 2006, per ripopolare le montagne al confine tra la Francia e la Spagna, dopo l’estinzione dei plantigradi locali. Sei anni e cento chili, l’orsa si è adattata al suo nuovo habitat, ma ora rischia di fare la stessa fine di Cannelle e di Franska, due consimili e compatriote uccise rispettivamente da un cacciatore e da un’auto sempre nella stessa area, ma sul lato francese. Dopo un momento di gloria nella primavera dell’anno scorso, quando ha messo al mondo due orsacchiotti, Hvala è finita la settimana scorsa sulla lista nera dei ricercati per aver attaccato un cacciatore di cinghiali, Lluis Turno, che si è trovato sul suo cammino assieme ai suoi segugi.
L’orsa ha fatto ciò che Madre Natura le suggeriva: tirato una zampata e azzannato il piede dell’intruso nel suo territorio. L’uomo è finito all’ospedale, e i suoi colleghi si sono armati di fucili per liberare la Val d’Aran dall’orsa forestiera. Un nucleo di guardie forestali sta cercando di precedere i giustizieri, prima che il terzo esemplare sloveno sia abbattuto: anche gli agenti ambientali sono armati di fucili, caricati però con potenti dosi di sonnifero. Il loro obiettivo è narcotizzare Hvala per trasferirla in un centro specializzato e studiarne il comportamento. Nel migliore dei casi, per lei, sarà la fine anche della libertà vigilata. I cacciatori di Les, il paese cui appartiene anche il ferito, hanno dato 48 ore di tempo alle guardie per catturare Hvala, dopodiché prenderanno le doppiette, caricate a pallettoni, per mettere in pratica la loro «vendetta», ripetuta proprio così, in italiano: «Se entro lunedì non l’hanno presa – dice Daniel Boya – ci penseremo noi». Hvala, braccata, potrebbe spostarsi di parecchi chilometri e ripassare la frontiera, ma il microchip segnala che si sta muovendo ancora nei paraggi. Ignara di confini, esperimenti ambientali falliti, microchip e uomini in cerca di «vendetta».

Presto inserirò una serie di post per comprendere maggiormente la situazione degli orsi nei Pirenei, scoprendo che per certi versi la situazione non è molto distante da ciò che avviene a casa nostra.

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L'orso bruno nei Pirenei - Seconda Parte

venerdì 24 ottobre 2008

E mentre Gemma non si trova, ecco che arriva Forchetta

Per diverse notti il servizio veterinario e di sorveglianza del Parco Nazionale d'Abruzzo ha effettuato appostamenti con la speranza di riuscire a catturare l'orsa Gemma e il suo cucciolo, ma la furba mamma, è ancora in libertà. Al suo posto due notti fa sono stati catturati altri due orsi: una femmina di 7 anni e la sua cucciola di un anno e mezzo, rispettivamente battezzate come Sebastiana e Forchetta. I nomi sono stati suggeriti da una guardia che li teneva costanetemente sottocontrollo e l'idea è venuta perchè al momento della cattura i due orsi stavano attraversando la Valle del Giovenco, percorrendo un sentiero che da San Sebastiano si dirige verso il Valico della Forchetta.
Intanto la nostra Gemma è ancora WANTED!

martedì 21 ottobre 2008

Cucciolo di orso nero ucciso e avvolto negli striscioni di Obama : follie presidenziali.

Un cucciolo di orso nero ucciso è stato ritrovatu questa mattina nella Western Carolina University; il corpo era avvolto in due striscioni con gli slogan della campagna politica di Obama.
Il personale dell'ateneo ha dichiarato che il corpo del cucciolo di plantigrado, che pesa circa 35 chili, è stato ritrovato intorno alle 7.45, gettato nei pressi della rotonda della statua di Catamount, all'entrata del campus. “Sembra che sia stato colpito in testa con un colpo di arma da fuoco. Un paio di striscioni di Obama sono stati fissati insieme e attaccati sulla sua testa" afferma Tom Johnson, capo della polizia universitaria, che ha prontamente chiamato gli ufficiali della N.C. Wildlife Resourcesper portare via il corpo e dare una mano nelle indagini. La stagione di caccia è in corso nel Western North Carolina. “Questo è inaccettabile” ha detto Johnson. “Qualcuno vuole attirare l'attenzione sulle elezioni. Se riusciremo a trovare il colpevole, siamo sicuri che molta dell'attenzione si sposterà su di lui"
"La Western Carolina University condanna il comportamento inappropriato che ha portato a questo fastidioso incidente" afferma Leila Tvedt, vice rettore "Non possiamo speculare sulle motivazioni delle persone coinvolte, o nemmeno su chi possa essere il colpevole. LE forze dell'ordine del campus stanno collaborando che le autorità per indagare sui fatti".
Può una campagna elettorale portare a questo? Dietro un gesto del genere possono esserci molte motivazioni soprattutto in un periodo caldo come questo. Un'orso nero come riferimento al colore della pelle del candidato democratico? Un gesto intimidatorio? O semplicemente un'atto di barbarie e di completa idiozia?

venerdì 17 ottobre 2008

Orsi e api

Un orso andandò appresso alle celle dell'api, fu punto da un'ape; egli entrò in tanta collera, che con l'unghie ruppe tutti i suoi abitacoli, e le api vedendosi rompere le sue case, esser loro tolto il suo cibo, ed ammazzati i figliuoli, andandogli addosso tutte a un tratto quasi l'ammazzarono, ed egli appena scampandogli delle mani, disse: meglio era assai per me tollerare la punta d'un'ape, che provocarle tutte contro di me.
Questa favola di Esopo, seppur con lo scopo di insegnarci che è meglio soffrire l'ingiuria di un solo soggetto piuttosto che farsi molti nemici, descrive fra le righe un comportamento tipico del nostro beniamino. Gli orsi infatti, contrariamente a quello che si pensa, non distruggono gli alveari per cibarsi esclusivamente di miele. Il miele, pur essendo molto variabile nella sua composizione, in media è costituito da: 38.5% di fruttosio, 31.0% di glucosio, 17.1% di acqua, 12.9% di maltosio, saccarosio ed altri zuccheri, 0.5% di proteine, amminoacidi, vitamine e minerali.
Pur essendo nota la sua predilezione per il dolce prodotto delle api, vista lo scarso valore proteico del miele, un orso si ciba anche delle api stesse, delle loro larve e delle uova tutt ricchissime di proteine.
Forti della loro folta pelliccia e della pelle resistente gli orsi non vengono punti dalle api avendo la possibilità così di agire indisturbati durante il banchetto. Quando la situazione poi degenera, l'orso si allontana dall'alveare o dall'arnia scuotendo vigorosamente la pelliccia allontanando così le api.

giovedì 16 ottobre 2008

Rincorso dall'orso nel campo di mais

Gli è arrivato ad un paio di metri, ha sollevato una delle zampe anteriori e l'ha agitata verso di lui con fare minaccioso. Quando Saverio Menestrina è arrivato nel suo campo di mais a Baselga del Bondone a tutto poteva pensare ma non ad un pericolosissimo «a tu per tu» con l'orso. Sapeva che il «bestione» da qualche tempo gironzolava per quei terreni poco lontani dalle case a caccia di cibo a buon prezzo, anzi, era andato in zona per controllare i danni provocati dal suo libero scorazzare, ma certo non si sarebbe mai immaginato che il plantigrado osasse scendere a valle in pieno giorno. Però, dopo quello che gli è successo ieri pomeriggio - c'è da giurarlo - non andrà più tanto facilmente da solo in campagna. «Mio padre - raccontava ieri sera il figlio Davide - è profondamente scosso per l'avventura che gli è capitata». Ieri a metà pomeriggio Saverio Menestrina, 65 anni di Sopramonte, molto conosciuto per l'attività familiare legata a scavi e movimento terra, ha deciso di recarsi a Baselga del Bondone per dare un'occhiata ai «disastri» fatti dall'orso. Già, perché tra vicini di proprietà si era sparsa la voce che l'orso da qualche tempo aveva preso a frequentare con interesse la zona. Evidentemente l'avvicinarsi dell'autunno e la maturazione di ortaggi e frutta a quote più basse sono fattori di richiamo troppo forti per l'orso. Nei giorni scorsi aveva «vendemmiato» in un vigneto, poi aveva posto gli occhi sulle pannocchie dorate di Menestrina. Il quale, proprio per quantificare i danni, aveva deciso di recarsi sul posto. «Ho lasciato la macchina all'inizio del campo e mi sono inoltrato per i filari per circa 150 metri» ha raccontato poi tutto trafelato al figlio Davide. Ad un tratto l'orso è sbucato dal nulla. Menestrina se l'è trovato a meno di due metri. Un attimo che al pensionato di Sopramonte è sembrato un'eternità. Anche perché il plantigrado l'ha guardato minacciosamente negli occhi emettendo versi che a Menestrina in quel momento sono sembrati terribili. Di più, l'orso ha cominciato ad alzare la zampa verso di lui: «Mi stava per aggredire» Menestrina - chissà se per il sangue freddo o se per la paura che l'ha per un momento paralizzato - è riuscito a stare fermo. «Poi, per fortuna l'orso ha cominciato ad arretrare e io mi sono mosso per tornare verso la macchina» racconta. «Sembrava avesse intenzione di andare per i fatti suoi, ma ad un certo punto, come ogni tanto fanno i cani, ha preso a seguirmi». Una scena da incubo: Menestrina di corsa tra le pannocchie e dietro, ad una ventina di metri, l'orso che ad ogni falcata guadagnava terreno. Grazie al Cielo il pensionato è riuscito ad arrivare alla macchina e a mettersi al sicuro. L'orso è sparito, ma c'è da starne certi che in zona lo rivedranno ancora. Tanto che Davide Menestrina, dopo aver visto il padre così spaventato per l'«incontro ravvicinato», si è subito consultato con un avvocato. Oggi probabilmente i Menestrina andranno dai carabinieri a denunciare il fatto. Al di là del «bottino» fatto dall'orso, bisogna segnalare ufficialmente che nella zona di Baselga gironzola un ospite non più di tanto desiderato. «È andata bene - conclude Davide - ma io non sapevo dov'era mio papà e se fosse successo qualcosa non l'avremmo trovato tanto facilmente. Lui è un tipo tranquillo ma una cosa del genere non gli era mai capita. Bastava che l'orso gli arrivasse un po' più vicino e non so cosa sarebbe successo».

Fonte: l'Adige 15.10.2008


Articolo "preso in prestito" dal forum di Misty
Visitate il suo forum per leggere anche i commenti al servizio di un TG locale in cui è stato intervistato lo sventurato protagonista di questa storia.

Un orso banchetta fra Villetta Barrea e Civitella Alfedena

Questa volta non è Gemma.
E' un orso bruno marsicano, maschio e adulto il responsabile della scorpacciata notturna in zona "vallone Profulo", nei pressi Villetta Barrea. L'iperfagia, tipica di questo periodo dell'anno ha spinto l'orso a "cenare" in un ovile uccidendo tre pecore, e poi lo ha fatto muovere verso Civitella Alfedena dove ha gustato un prelibato dessert distruggendo alcune arnie dell'azienda "L'ape e l'orso" (un invito??).
Il Servizio sorveglianza del Pnalm sta compiendo i rilevamenti e ha già trovato inequivocabili impronte del passaggio del plantigrado.

mercoledì 15 ottobre 2008

All'orsa Gemma verrà applicato il radiocollare

L'orsa Gemma, sorvegliata speciale. E' scattata infatti l'operazione per cercare si dotare l'orsa del radiocollare. Puntuale è partita l'operazione, come ci era stato annunciato dal presidente dell'Ente Parco, Giuseppe Rossi, a seguito anche della richiesta del sindaco di Bisegna. "Terminata l'Operazione camoscio - aveva assicurato Rossi - tenteremo di dotare nuovamente l'orsa del radiocollare per poterla meglio controllare nei suoi spostamenti e, quindi, dissuaderla dal frequentare centri abitati". Intanto l'orsa Gemma, con i suoi due cuccioli, continua a compiere scorribande nei pollai dei paesi della Valle del Giovenco, dopo aver trascorso una decina di giorni nella zona di Scanno. Per tre sere di seguito ha assaltato pollai, questa volta nella frazione di Aschi Alto del comune di Ortona dei Marsi, facendo strage di pennuti: oltre una sessantina. Diventa necessario, quindi, poterne seguire gli spostamenti per arrivare prima dell'orsa sul luogo dei "misfatti". "Ma per fare questo - spiega Pio Forte, membro direttivo dell'Ente Parco di nomina del Ministero dell'Ambiente -, nonostante l'impegno profuso finora dalle guardie del Parco, occorre una sorveglianza più capillare, fatta da più uomini. E con l'attuale organico dell'Ente non è certamente semplice>>.
Gemma, quindi, verrà di nuovo dotata di radiocollare (il precedente lo aveva perso) e lasciata libera nella zona. Impossibile poterla spostare in altri parchi della regione, precisano gli esperti, si andrebbe solo a spostare il problema. Da qui l'invito alle popolazioni del Giovenco e del Sagittario, che da oltre un lustro convivono con le problematiche dell' "orsa confidente", di continuare a collaborare con l'Ente Parco, cosa che avviene anche tramite le associazioni nate spontaneamente nei due territori. Un po' di delusione trapela, invece nelle parole del primo cittadino di Bisegna, Giovanni Grassi: "Non ho ricevuto alcuna risposta alle due lettere - dice il sindaco- in cui segnalavo la pericolosità della presenza dell'orsa nei centri abitati. L'unico riscontro l'ho avuto dal comandante della stazione dei Carabinieri di Ortona dei Marsi, maresciallo Andrea Maggio, che mi ha assicurato maggiori pattugliamenti nei centri abitati".

Ferdinando Meruri

Fonte: Il Tempo del 13.10.2008

Un altro orso investito in Trentino

Le notizie economiche degli ultimi giorni non fanno che parlare di mercato "orso" e nuovi investimenti, ma qualcuno in Trentino sembra aver preso la cosa alla lettera.

Era notte fonda quando l'automobilista, che stava rincasando, all'improvviso si è trovato davanti il plantigrado e non è riuscito ad evitarlo. L'animale è stato colpito dall parte anteriore del mezzo ma è riuscito comunque a scappare a gambe levate verso il Monte Bondone. In questa fuga disperata è stato sfiorato da un secondo automobilista che sopraggiungeva sulla stessa strada.
Tutta da confermare l'ipotesi che a poca distanza dall'orso investito ce ne fosse anche un altro. I Forestali hanno dato il via a ricerche nella zona, ma non sono state ritrovate tracce dell'orso, e tantomeno di sangue. Il che fa ben sperare che il povero animale si sia salvato.

Fonte: montagna.tv

Verdi: "la regione Abruzzo non rispetta le leggi in materia di caccia"

“La Regione dei Parchi non rispetta le normative nazionali e regionali in materia di Programmazione dell’Attività Venatoria”. Lo dichiara in una nota il Capogruppo regionale dei Verdi, Walter Caporale, che così prosegue: “La Legge Nazionale Quadro sulla Caccia 157/92 sancisce il Principio di Subordinazione dell’Attività venatoria alla tutela dell’Ambiente e della Fauna Selvatica: principio che viene puntualmente disatteso in favore dei cacciatori. Le normative nazionali e regionali sulla caccia impongono alle amministrazioni provinciali e regionali l’elaborazione di un Piano Faunistico-Venatorio di validità quinquennale.
L’ultimo PFV regionale è stato approvato nel 1996 con Delibera di Consiglio Regionale del 27 settembre 1996”. Inoltre, “La Legge Regionale in materia di caccia n. 10/2004, è disattesa nelle parti che riguardano i controlli e le regolamentazioni a tutela della fauna abruzzese. Non sono mai stati attuati - ricorda Caporale - il regolamento per disciplinare la costituzione, il funzionamento e le attività dell’Osservatorio Faunistico Regionale; l’albo regionale degli allevamenti di fauna selvatica non amatoriali e il relativo regolamento che disciplini le modalità ed i requisiti richiesti; la regolamentazione delle zone di addestramento cani e aree cinofile; il regolamento per disciplinare l’allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati ed il loro uso come richiami; l’istituzione di aziende faunistico-venatorie; la disciplina degli allevamenti di tipo amatoriale, dilettantistica e professionale; un apposito regolamento che disciplini l’attività di tassidermia ed imbalsamazione con la relativa detenzione di animali morti e trofei; il regolamento che gestisca la più diffusa ma anche la più pericolosa delle attività venatorie praticate, la caccia al cinghiale”. Secondo i Verdi, il calendario venatorio 2008/2009 non ha tenuto conto dei Pareri dell’INFS, compreso il parere sfavorevole alla pre-apertura al Colombaccio, e l’Assessore Regionale alla Caccia, Fernando Fabbiani, “con Delibera del 15 settembre 2008 ha previsto, per la Zona di Protezione Esterna dei Parchi, di far cacciare il doppio dei cacciatori, portando l'indice di densità venatoria da 1 cacciatore ogni 40 ettari a 1 cacciatore ogni 19 ettari, al pari di qualsiasi altro territorio della regione. Scelta scellerata che è stata soltanto attenuata dall’Accordo successivo Pnalm–Provincia dell’Aquila, che ha riportato la densità venatoria a 1 cacciatore ogni 35 ettari, indice non sufficiente a garantire efficace tutela degli orsi e dell’altra fauna selvatica del Parco.
Questo accordo è peggiorativo rispetto a quelli degli anni passati: sempre nella Zona di Protezione Esterna dei Parchi, non è stata infatti vietata la caccia al cinghiale in braccata, un'attività molto rischiosa e pericolosa per l’incolumità dei plantigradi (e per gli esseri umani). Inoltre, non risolve un altro grande problema: quello della presenza di cacciatori non nativi o residenti nei comuni del Parco Versante Abruzzese”.


Fonte: themalinformazione.it

Wwf installa recinti elettrificati per tutelare l'orso in Valtellina

E' partito oggi in Valtellina il progetto a tutela dell'orso bruno delle Alpi che prevede 'installazione di recinti elettrificati a difesa di apiari e greggi.
Il WWF Italia con il supporto del Ministero dell'Ambiente, in collaborazione con la Provincia di Sondrio ha installato a Grosio (SO) il primo recinto elettrificato per la difesa di un apiario in una zona dove l'orso aveva fatto danni negli scorsi mesi e dove ci si attende che possa tornare prossimamente. Questo primo recinto è stato finanziato dalle imprese del "Club Imprese per la natura" del WWF.
Il progetto vuole promuovere l'uso di sistemi di prevenzione idonei da parte delle categorie interessate fornendo assistenza, informazioni e formazione per incrementare la conoscenza e facilitare la convivenza tra l'uomo e l'Orso bruno delle Alpi e l'orso marsicano sugli Appennini.
"La minimizzazione dei conflitti è alla base delle politiche di conservazione dell'orso in Italia, nelle Alpi come sugli Appennini. Prevenzione dei danni anche attraverso appositi recinti e un rapido e completo rimborso, quando questi comunque avvengono, sono le più importanti azioni di conservazione a favore della specie, propedeutiche a qualsiasi altro progetto" ha detto Mauro Belardi, Responsabile del Programma Orso per le Alpi del WWF Italia.
"Siamo orgogliosi di essere la prima provincia a sperimentare sulle Alpi questi appositi recinti a protezione delle attività agricole - spiega l'assessore all'Ambiente e all'Agricoltura della Provincia di Sondrio Severino De Stefani -. Grazie alla collaborazione con il Wwf possiamo favorire la convivenza tra l'orso e la nostra comunità, tutelando gli agricoltori. Auspichiamo che l'esempio di questi recinti sia da stimolo affinché vengano adottate autonomamente adeguate misure di protezione".
Nelle Alpi dove l'orso bruno è stato solo di recente reintrodotto e la popolazione ha perso la confidenza e l'abitudine alle buone pratiche che minimizzano i danni dei grandi predatori il WWF Italia fornisce recinti elettrificati in comodato gratuito privilegiando gli apicoltori e gli allevatori che accettano di adottare anche altre forme di prevenzione e avvantaggiare le realtà economiche al di fuori delle aree protette, ora meno tutelate, e dove l'orso ha già provocato danni.
L'operazione recinti del WWF (realizzata con la collaborazione della ditta produttrice Ghislandi & Ghislandi) si è caratterizzata come un appoggio, e non una sostituzione, agli enti pubblici ed è stata organizzata con la loro collaborazione.
Ora è attivo un accordo con le Province alpine lombarde, come in questo primo esempio valtellinese, che si spera potrà essere esteso alle altre province alpine interessate dalla presenza dell'orso.
A fine luglio si è tenuto sulle Alpi il primo corso di formazione per guardie provinciali e personale faunistico della Lombardia, a cui hanno una cinquantina di persone, su come è possibile convivere con l'orso, sulla prevenzione danni, i metodi di prevenzione e il riconoscimento dei danni effettuato dai diversi predatori.
L'Orso bruno rappresenta un valore biologico, culturale e sociale che va valorizzato e che arricchisce indiscutibilmente i nostri ambienti. Il WWF è consapevole che in determinate situazioni la presenza dell'Orso bruno può innescare problemi di convivenza con le comunità locali a causa dell'impatto che la specie può avere su alcune attività economiche svolte sul territorio. Ciò accade sia nelle aree di presenza storica della specie, come nell'Appennino centrale, dove l'Orso marsicano è presente con poche decine di individui, sia laddove la specie è tornata di recente, come nel caso delle Alpi orientali.
In alcuni casi i danni possono essere causati alle attività economiche come gli allevamenti ovi-caprini, bovini ed equini (anche se per questi il rischio è limitato soprattutto ai nuovi nati), gli apiari, i pollai e le colture pregiate. Si tratta di danni complessivi limitati, che però possono essere localmente significativi e incrinare i rapporti tra la popolazione rurale e questa importante specie. La causa di questi episodi è da ricercare soprattutto nella mancata adozione di quelle misure di prevenzione che gli abitanti di molte zone rurali hanno storicamente messo in atto in passato, ma che ora sono state pressoché dimenticate: custodia delle greggi e dei pollai, recinti , utilizzo di cani da difesa, ecc. Da queste premesse nasce l'iniziativa sui recinti di oggi che si affianca a quanto già fatto di analogo negli Appennini dallo scorso giugno.
Su questi temi il WWF partecipa alle attività promosse con il Ministero dell'Ambiente nell'ambito del progetto di interventi del Piano di sensibilizzazione su area vasta per la conservazione dell'Orso bruno sulle Alpi e sugli Appennini, ed è in linea con quelle individuate per la conservazione della specie nell'arco alpino con il Piano d'Azione interregionale per la conservazione dell'Orso bruno nelle Alpi centro-orientali - PACOBACE e con il PATOM per l'Orso bruno nell'Appennino centrale.

Fonte: VAOL.it