"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

martedì 2 marzo 2010

L'orso polare che sopravvisse al cambiamento climatico

La specie riuscì a superare l'ultimo periodo integlaciale, ma ciò non permette di fare previsioni sulla sua possibilità di sfuggire all'estinzione: il cambiamento climatico attuale procede a un ritmo molto più rapido di allora

I resti fossili di un orso polare  scoperto in Norvegia nel 2004 si stanno rivelando un tesoro di informazioni sull'origine e sull'evoluzione di questa specie, che si trova ora ad affrontare il pericolo dell'estinzione per effetto del cambiamento climatico in atto.

In un articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences a firma di un gruppo di ricercatori dell'Università di Buffalo e della Penn State University, negli Stati Uniti, in collaborazione con quella di Oslo, in Norvegia, e altri istituti di ricerca, sono riportati i risultati di uno studio genetico effettuato su tali resti, che chiariscono un passaggio chiave della storia filogenetica di Ursus marittimus.

polar-bear-ice"I nostri risultati confermano che l'orso polare è una specie relativamente giovane, che si è separata filogeneticamente dall'orso bruno circa 150.000 anni fa e si è evoluta in modo estremamente rapido durante il tardo Pleistocene, forse per effetto dell'apertura di nuovi habitat e della disponibilità di nuove riserve di cibo determinate dai cambiamenti climatici appena prima dell'ultimo periodo interglaciale”, ha spiegato Charlotte Lindqvist, docente del Dipartimento di scienze biologiche della Penn State e primo autore dello studio.

"Fino al 2004, i pochi resti fossili rinvenuti hanno portato a un'ampia gamma di stime su dove e quando si sono evoluti gli orsi polari", ha commentato Øystein Wiig, ricercatore del Museo di storia naturale dell'Università di Oslo e coautore dello studio. "Poiché gli orsi vivono sul ghiaccio, i loro resti, dopo la morte, cadono sul fondo dell'oceano e vengono mangiati da altri predatori. Insomma non si depositano nei sedimenti come avviene per gli altri mammiferi.”

Nel 2004, invece, un geologo islandese trovò nell'Arcipelago delle Svalbard, a nord della Norvegia, i resti fossili molto ben conservati di un canino e di una mascella di orso datati a 110-130.000 anni fa.

Trasferito il reperto al Museo di storia naturale di Oslo, i ricercatori sono riusciti a estrarne il DNA.

Lo studio genetico, cominciato nel 2008, ha portato al sequenziamento completo del genoma mitocondriale del fossile. Grazie a tale materiale genetico, che com'è noto si trasmette solo per via materna, si è riusciti a ricostruirne la filogenesi attraverso il confronto con quello di altri orsi.

"Poiché gli orsi bruni delle isole Admiralty, Baranof e Chichagof dell'Alaska sono i parenti più prossimi degli orsi polari, era cruciale includerli nel nostro studio per datare in modo più preciso quando questi ultimi sono apparsi come specie a sé stante”, ha puntualizzato Lindqvist. "Il fatto che il nostro antico orso polare si situi poco dopo il punto di separazione tra orsi bruni e orsi polari, cioè molto vicino al più recente antenato comune delle due specie, è molto interessante: fornisce un'opportunità ideale per determinare in modo pressoché definitivo l'origine dell'orso polare."

Sebbene i dati ora dimostrino una notevole capacità adattativa dell'orso polare, occorre essere molto cauti sulle previsioni circa la sua capacità di affrontare il cambiamento climatico presente e futuro dell'Artide.
"Abbiamo trovato che gli orsi polari effettivamente furono in grado di sopravvivere durante il periodo interglaciale, che fu relativamente caldo, probabilmente più caldo di quello attuale", ha concluso Lindqvist. "Tuttavia è possibile che le Svalbard siano state un rifugio per gli orsi, fornendo loro un habitat in cui sopravvivere. Il problema è che il cambiamento climatico attuale sta procedendo a un ritmo accelerato e non sappiamo se gli orsi polari potranno adattarsi in tempo".

 

Fonte: Le Scienze

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