Avvistamenti, voci, storie che giravano fra cacciatori e frequentatori dei boschi della Carnia da un paio di anni. Un’orso. Fino a domenica, quando nei pressi del comune di Socchievo, presso la confluenza fra il Torrente Lumei e il Tagliavento, una fotocamera ad infrarossi ha immortalato il plantigrado alle 3.57 del mattino. Secondo il quotidiano locale, l'orso pesa circa un quintale e mezzo e ha trascorso l'inverno nella vallata.
Il vice presidente della riserva Lucio Zanier spiega: «Proseguiamo il progetto iniziato con l’Università di Udine del monitoraggio continuo della selvaggina nel nostro territorio». Grazie a questa iniziativa molte specie ormai ritenute scomparse in Carnia sono state di nuovo aggiunte alle check-list: oltre all’orso, eccezionale è stata la conferma del cane procione, della lince e dello sciacallo dorato oltre ai più comuni cinghiali, cervi e caprioli. Il secondo passo sarà quello di seguirne le tracce, e monitorarne gli spostamenti piazzandogli un collare.
«Nel territorio del Friuli Venezia Giulia la popolazione di orsi bruni è stimabile in circa ai 15-20 individui rispetto ai 600-700 nell'intero territorio sloveno. Le aree a maggiore presenza sono l'alta Valle del Natisone, Il Parco delle Prealpi Giulie, le zone del Jof di Montasio e dello Jof Fuart, Predil e Fusine, e le zone delle Alpi Carniche comprese tra Cason di Lanza e Coccau, oltre che la zona compresa tra Sauris e Forni».
Per non ostacolare la diffusione dell'orso, le autorità hanno predisposto una serie di risarcimenti per quegli allevatori i cui animali (soprattutto pecore) risultino aggrediti e divorati dai plantigradi.
Sempre secondo Zanier, l’orso ha trascorso l’inverno in vallata: «Abbiamo rilevato, nella stessa zona, le sue impronte a Natale del 2009: pare logico che abbia trascorso in stato di semiletargo l’inverno dalle nostre parti. Questo significa che in Carnia c’è un ambiente sano». Questa scoperta a livello faunistico potrebbe accelerare l’inserimento delle Dolomiti tra i patrimoni mondiali dell’Unesco.
«Stiamo cercando di mettere sulla carta il percorso del plantigrado - prosegue Zanier – in maniera di poter creare un sentiero dell’orso».
Una buona notizia che sicuramente porta nuova speranza alla popolazione ursina delle Alpi sempre più desiderosa di colonizzare nuovi spazi.
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