di Francesco Brollo da http://tolmezzo.wordpress.com
Si rifà vivo l’orso Soki (cosi battezzato da Tolmezzo News l’esemplare fotografato il 21 marzo a Socchieve). Il plantigrado nei giorni scorsi ha infatti effettuato un’altra incursione in un allevamento di pecore, prelevandone un paio a Oltris, frazione alta di Ampezzo. In seguito all’episodio sono già state avviate le procedure di sopralluogo del personale del corpo forestale regionale, per la pratica del rimborso all’allevatore. Gli esperti dell’università di Udine fanno sapere che per prevenire i banchetti ovini dell’orso occorre una precauzione semplice: rinchiudere gli animali in stalla durante la notte. Ad agevolare quest’ultima predazione c’è anche il particolare che l’allevamento in oggetto confina ed entra nel bosco, fornendo all’orso una chance in più.
Il fatto che l’animale trovi facile possibilità di predazione o anche solo di cibo non lontanissimo dai centri abitati, presenta inoltre lo svantaggio di poterlo indurre ad attenuare quella naturale barriera che per istinto lo tiene lontano e diffidente. Occorre quindi evitare di dargli occasione di prendere troppa confidenza con l’ambiente abitato dall’uomo, magari per una malintesa forma d’amore verso gli animali. L’orso è animale selvatico, e va lasciato nel proprio territorio, senza “inurbarlo”.
Intanto un’altro orso è stato avvistato in comune di Tolmezzo, a Illegio. Venerdì scorso un esemplare ha fatto capolino nella piana che precede l’ingresso in paese, nei pressi del campo sportivo. Non dovrebbe trattarsi di Soki, è più probabile che si tratti del plantigrado che frequenta la zona di Paularo fino alla Val Aupa, e che un paio di settimane fa aveva lasciato tracce nella zona di Ligosullo.
“Sapete qual è la preoccupazione più grande quando porto i miei figli in montagna e nei boschi? La vaccinazione per la TBE trasmessa dalle zecche, non certo l’orso”. La frase è di Stefano Filacorda, dell’università di Udine, che davanti a un’attentissima platea (circa 200 persone), ha trasmesso le proprie conoscenze sull’orso, durante l’incontro tenutosi a Enemonzo per parlare del plantigrado che è stato fotografato il 21 marzo a Socchieve e che per aver predato pecore e alveari sta facendo parlare di sé. Sarebbe però un errore, a detta del medesimo studioso, sottovalutarlo: “Non bisogna trattarlo come fosse un peluche, occorrono delle precauzioni”, ma da qui a demonizzarlo, o ritenerlo pericoloso ce ne passa. Rispetto è forse la parola più appropriata.
Vediamo quindi una sintesi degli argomenti esposti da Filacorda in merito all’orso bruno, per trarne consigli e indicazioni da seguire in sua presenza. Una premessa: lo studioso si è laureato con una tesi sulle pecore, per la quale ha passato nove mesi di ricerca nel Sinai, il che lo rende, come ha detto lui stesso, molto sensibile alle posizioni degli allevatori vittime dell’istinto predatorio dell’orso. La sua posizione di equidistanza, a favore della natura, si spiega bene con questa frase: “io sto dalla parte della vita, per trovare un equilibrio”.
NOME. Al momento l’orso della Val Tagliamento non ha ancora un nome. In attesa che glielo diano, coniamo quello di Soki, in omaggio al comune dove è stato fotografato (Socchieve) e utilizzando la k al posto di “ch”, a richiamare la sua terra di provenienza, la Slovenia.
PROVENIENZA. Soki, come tutti gli altri orsi avvistati in Carnia, proviene dalle foreste della Slovenia, dove ce ne sono circa 500 (e 80/100 l’anno vengono regolarmente – ovvero secondo la legge – abbattuti dai cacciatori). Ce ne sono anche nella periferia di Lubiana e alcuni sono perfino entrati in città. Il suo destino, fra qualche anno, sarà probabilmente di riportarsi in Slovenia.
SESSO, ETÀ. Soki è un maschio giovane (3/4 anni) e come i suoi simili qui presenti è probabile che si riporti oltreconfine o che, come minimo, faccia una capatina nei pressi di Tarvisio, dove si stima ci sia l’unica femmina presente in regione. Le femmine di orso si fanno fecondare contemporaneamente da più orsi e partoriscono (una volta ogni due anni) in media tre cuccioli di padri differenti nello stesso momento. Si tratta di una particolarità che serve a differenziare il patrimonio genetico messo al mondo e aiuta a tenere salvi i cuccioli da possibili attacchi di orsi maschi: il padre riconosce il proprio figlio e lo lascia stare. L’orso bruno può superare i 20 anni, ma qui in realtà arriva fino a 12/14.
PRECEDENTI. L’ultimo orso della Carnia fu ucciso nel 1911 a Sauris. Ci sono voluti più di 80 anni perchè ricomparisse. Il primo nuovo avvistamento risale infatti al 1993 in comune di Rigolato, al quale hanno fatto seguito: 1997 Val di Preone; ’98 Monte Talm; ’98 Rest; ’98 Pecceit e altri ancora fino ai giorni nostri. L’avvistamento ad aprile 2009 a Preone si riferisce probabilmente già a Soki, che quest’anno ha compiuto predazioni di pecore a Pani, Voltois e sabato scorso a Tramonti.
ABITUDINI. Soki si sveglia alle 19 e va a dormire alle 7 di mattina. Il fatto che sia stato avvistato di giorno (a marzo a Cima Corso, mentre attraversava la strada per andare a frugare negli alveari) è dovuto alla sua giovane età e al risveglio dal “letargo” invernale. L’orso bruno può arrivare a percorrere 40 chilometri in un giorno (o meglio: in una notte). Gli studi effettuati dall’università di Udine, assieme agli sloveni, nell’ambito di un progetto finanziato dal fondo Interreg III, ha consentito di monitorare due orsi con il radiocollare. Inoltre, attraverso studi genetici, si è ad esempio constatato che un esemplare, chiamato orso Franz, che nel 1997 comparve a Castelnovo del Friuli e poi sul Rest e Pecceit, compiendo stragi di pecore per tre anni a Tramonti, arrivando a pesare oltre 200 chili, era lo stesso che, dopo aver attraversato il Tgliamento a Venzone, fu catturato in Slovenia nel 2006, e abbattuto due anni dopo. Questo a dimostrazione dell’amplissimo territorio che è in grado di coprire. “Un orso bruno può percorrere fino a 45 chilometri al giorno, attraversando passi a oltre 2000 metri sul livello del mare con neve alta due metri”.
HABITAT. “Se vogliamo l’orso dipende da voi”; ha detto Filacorda, spiegando come la Carnia sia un ambiente ideale per l’Ursus arctos, addirittura più di quanto non lo sia la Slovenia o il parco dell’Adamello. In particolare il Parco delle Dolomiti friulane rappresenta un luogo perfetto. La presenza in territorio di Socchieve della lince, del cane procione, dello sciacallo dorato e dell’orso, dimostra la straordinaria vitalità e purezza dell’ambiente circostante.
QUANTI ORSI NEI PARAGGI? Domenica scorsa sono state rilevate tracce di orso in comune di Ligosullo: apparterrebbero ad un esemplare che si muove tra Paluzza, Paularo e Val Aupa. In genere è però difficile fare un conto preciso, perché molti non lasciano tracce. Dal 2004 si può ipotizzare che nella sinistra del Tagliamento (Carnia) ce ne siano stati 7 o 8; 2 o 3 nella destra Tagliamento. Si tratta solamente di maschi. Anche per capire quanti sono, come si comportano e per adottare, nel caso, azioni per dissuaderli dal compiere possibili danni, Filacorda e la sua equipe stanno cercando di catturare Soki, per mettergli un radiocollare.
AGGRESSIONI. Non bisogna fasciarsi la testa, avverte Filacorda, semmai bisognerebbe fasciare quella dell’orso, aggiunge. Questo perché è da 150 anni che in Italia non si verifica un attacco mortale all’uomo e negli ultimi 50/60 anni non si sono nemmeno verificate aggressioni. In Slovenia, dove di esemplari ce ne sono 500, negli ultimi 10 anni ci sono stati due soli attacchi: in entrambi i casi frutto di reazione a comportamenti pericolosi dell’uomo. Nel primo caso una persona con imprudenza ha cercato di bazzicare nei pressi della tana, nel secondo un uomo assieme al cane ha tagliato la strada a una femmina coi piccoli. Casi di attacchi mortali è vero che si verificano, anche oggi, ma basta dare un’occhiata alla dinamica per capire che si tratta di episodi suscitati dal comportamento sbagliato dell’uomo: in Romania ad esempio, ha riferito Filacorda, è successo che alcuni pastori abbiano inseguito con un bastone l’orso che predava le pecore, suscitando la contro reazione dell’animale. “L’unica volta che ho rischiato la vita è stato in una stalla, quando mi ha attaccato un muflone” ha detto Filacorda, a dimostrare come il rischio legato all’orso sia marginale.
GRADO DI PERICOLOSITÀ. Sono quattro i principali livelli di catalogazione della pericolosità di un orso. È “normale” se fa danni in zone non abitate; desta “attenzione” se tollera di essere osservato dall’uomo; “pericoloso” se difende una preda appena abbattuta (e non la lascia lì quando appena si accorge della presenza umana); “molto pericoloso” se tenta di entrare nelle case.
SEGNALI DEL SUO PASSAGGIO. Quanto nel bosco si vedono grossi massi fuori sede, è probabile che sia stato un orso, piuttosto che qualche folletto. L’orso va ghiotto per le formiche: se si vedono formicai devastati, scavati e sparsi nell’arco di metri, può essere stato l’orso. Le feci: sono simili a quelle dell’uomo, con una differenza: non puzzano.
COSA FARE E COSA NON FARE. L’orso attacca l’uomo solo se provocato. Nella remota ipotesi in cui vi doveste imbattere nell’orso Soki bisogna evitare di urlare e di lanciargli oggetti. (In Romania una persona è morta perché ha tirato contro l’orso le bronze della griglia). Bisogna stare fermi, non andargli incontro. Se si alza in piedi sulle zanpe posteriori non occorre preoccuparsi: si tratta di un comportamento che adotta per vederci e annusarci. Il consiglio, anche in questo caso, è di girarsi con naturalezza e camminare nel senso opposto: il tempo di rigirarsi e sarà già scappato via. Se trovo tracce non devo seguirle e tenere il cane al guinzaglio. Se lo vedo a distanza e non fugge è perché evidentemente non si è ancora accorto di noi e quindi è una fortuna poterlo osservare: inutile avvicinarsi perchè si accorgerebbe e fuggirebbe. L’orso non attacca (quasi) mai. Il quasi è legato all’esempio della femmina con i piccoli. In questo ambito bisogna poi distinguere l’attacco dal finto attacco: quest’ultimo è una simulazione di carica che può mettere in scena a fini intimidatori, correndoci incontro per difesa, come se caricasse, ma fermandosi dopo poco. In generale è bene non lasciare immondizia abbandonata in zone periferiche. Uno degli esemplari monitorati negli anni scorsi grazie al radiocollare è stato infatti rintracciato in mezzo a un paese di 70 abitanti vicino a Cividale alla mezzanotte di un giorno di luglio; eppure nessuno degli abitanti aveva notato la sua presenza. Dagli studi condotti sul campo in Nord Europa, dove due ricercatori hanno provato ad avvicinare l’orso durante il giorno, quindi mentre è in riposo, si è scoperto che l’orso si nasconde, lascia passare l’uomo, esce dal nascondiglio per annusare l’odore delle persone che sono passate e infine torna al suo posto.
INDENNIZZI. Umberto Fattori, del servizio tutela ambienti naturali – ufficio studi faunistici della Regione FVG, ha spiegato cosa fare nel caso si subiscano danni ad opera dell’orso. In sintesi occorre presentare denuncia presso la locale stazione della forestale entro tre giorni dal fatto. Basta farlo su carta semplice, indicando luogo, data e una sommaria descrizione di quanto accaduto. Al contempo occorre non alterare la carcassa e la scena dove è accaduto il danno, per consentire i rilievi di controllo, che avvengono entro 72 ore. Dalla denuncia si hanno poi 30 giorni per domandare l’indennizzo, che sarà concesso coprendo il 100 per cento del danno emergente (non del lucro cessante) sulla base del prezzo di mercato del capo di bestiame abbattuto. Sono previsti contributi e concessione in comodato gratuiti di recinzioni elettriche, che per prevenire l’attacco dell’orso deve essere alta 1 metro e 20 centimetri, possedere cinque fili elettrici.
1 commento:
Molto interessante questo resoconto e condivido il tuo punto di vista.
Una cosa: potresti togliere lo sfondo della pagina? rende impossibile la lettura... non tutti sono pazienti come me che mi sono evidenziata ogni pezzetto di testo per poterlo leggere ;-)
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