L’utilizzo simbolico e il culto dell’orso è forte presso le popolazioni degli antichi popoli dell’America del Nord. Per le tribù Sioux l’orso era dotato di grande memoria - “l’orecchio (memoria) della terra” -, e incarnava uno dei tanti spiriti naturali che popolano le foreste. Presso gli Uroni lo si considerava a livello di magia naturale, dando grande importanza alle zampe, agli artigli e ai denti. Queste parti anatomiche, triturate, venivano utilizzate per esempio dalla tribù Semole per la prevenzione e cura delle infezioni intestinali del bestiame domestico. Lo “spirito” dell’orso veniva invocato dai Navajo quale testimone nei giuramenti solenni: “che la tempesta magica dell’orso mi divori se non manterrò il patto” e anche “che lo spirito dell’orso sia testimone che non sono colpevole”, così recitano alcune iscrizioni rupestri. Contro gli spiriti maligni all’ingresso d’ogni kepì veniva messo l’osso della scapola. Per diverse popolazione indiane dell’America settentrionale è animale-totem di singoli clan, ma sono diffusi anche altrove i miti di “discendenza”. Spesso il suo nome è tabù, di conseguenza per nominarlo vengono usate circonlocuzioni come “il nonno” o “il piede largo”. Lo “stregone” degli Algolki si vestiva esclusivamente di pelle d’orso, traendone capacità di cura delle malattie e il favore degli spiriti della natura. La carcassa dell’orso, messa sulle spalle, garantiva per i Mojcani una caccia fortunata, e per lo stesso fine gli indiani Publos avevano dedicato un focolare allo “spirito dell’orso”.
da "Il Forestale" n. 26/2005
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