"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

mercoledì 24 gennaio 2007

Il carnevale alpino di Valdieri

Un orso tutto di paglia domenica pomeriggio 11 febbraio si aggirerà per le vie del centro storico di Valdieri. Una nuvola di ragazzini in costume, allegri e chiassosi, come uno sciame d’api lo infastidirà e punzecchierà, senza tregua, appena uscirà dal suo nascondiglio segreto. Così prenderà avvio il carnevale alpino di Valdieri organizzato dall’Ecomuseo della segale e dalla comunità locale al quale, quest’anno, fa da corollario la mostra "Dei selvatici": orsi, lupi e uomini selvatici nei Carnevali del Piemonte. (...)
La tradizione della questua carnevalesca dell’Orso della segale di Valdieri ha origini molto antiche. Nell’immaginario popolare il risveglio dell’orso è legato alla comparsa della luna invernale che annuncia il sopraggiungere della Pasqua. Nella pratica carnevalesca l’orso mitico esce dalla grotta e, in funzione della fase lunare, decide le sorti della nuova annata agraria. A partire dal 2003, dopo un lungo periodo di interruzione, grazie al ricordo di un anziano valligiano, la festa popolare legata a questa mitica figura è stata riproposta su iniziativa dell’Ecomuseo della Segale in collaborazione con l’Archivio della Teatralità Popolare – Casa degli Alfieri, ente, quest’ultimo, che ha condotto ricerche e interviste a carattere etno-antropologico. Il carnevale alpino di Valdieri s’inserisce nella successione di feste che nel mondo rurale tradizionale scandiscono lo scorrere del tempo e il ciclo dei lavori agricoli. L’Orso di segale è la figura attraverso la quale la comunità locale celebra il ritorno della primavera e l’inizio di un nuovo ciclo riproduttivo.

martedì 23 gennaio 2007

Continua l'impegno canadese: 110 milioni di dollari per la foresta del Grande Orso

Si chiama foresta del Grande Orso perché di orsi bruni dal sorprendente manto bianco se ne vedono parecchi in quest'immensa distesa di conifere grande come la Lombardia. Estesa lungo la costa occidentale del Canada, è la più grande foresta pluviale temperata del pianeta.Un anno fa Greenpeace, dopo un decennio di battaglie, festeggiava la decisione del governo della Columbia Britannica, in Canada, di proteggere i due milioni di ettari della foresta del Grande Orso e oggi si congratula col governo per lo stanziamento di 30 milioni di dollari che porterà alla creazione di un nuovo modello economico. Il finanziamento, che si aggiunge ai 90 milioni di dollari raccolti tra donazioni private e governo provinciale, è il più cospicuo pacchetto di investimenti della storia per un progetto di questo tipo.I fondi permetteranno non solo di creare numerose aree protette, ma anche di sostenere lo sviluppo di un modello economico pienamente sostenibile di sfruttamento forestale, basato sulla diversificazione e sul pieno coinvolgimento delle comunità locali e dei popoli indigeni. Accanto a nuove metodologie di prelievo del legno infatti, saranno stimolati usi diversi della foresta, che vanno dalla raccolta di prodotti non legnosi a progetti di turismo responsabile. I popoli indigeni verranno pienamente coinvolti in tutti i loro territori tradizionali. Accanto a nuove metodologie di prelievo del legno infatti, saranno stimolati usi diversi della foresta, che vanno dalla raccolta di prodotti non legnosi a progetti di turismo responsabile.

(fonte Greenpeace)

domenica 14 gennaio 2007

Natura in tilt

Nel centro Italia, nel cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, il commissario, Giuseppe Rossi, per il quale e' imminente la nomina a presidente del Parco, descrive una situazione ''fuori dalla norma con temperature intorno ai 14 gradi''. Una ''novita' assoluta per la stagione che non si ricorda a memoria d'uomo''. ''Tutto cio' incide sul comportamento della natura''. E gli orsi, simbolo di questo parco? ''Gli orsi marsicani durante il letargo non hanno un sonno profondo. A volte escono per brevi passeggiate invece - afferma Rossi, che e' anche direttore di Federparchi - sembra che quest'anno qualche esemplare prolunghi queste uscite visto anche che non c'e' la neve e quindi la stagione del cibo si dilata. Staremo a vedere se il letargo quest'anno sara' piu' corto del solito''. ''Sono stati visti segni di attivita' in alta quota dove invece non c'erano'', afferma Paolo Ciucci, biologo dell'Universita' di Roma che segue il progetto di ricerca sull'orso marsicano e che frena sul legame effetto serra e sonno degli orsi. ''I 7 esemplari seguiti con il radiocollare a oggi sono in letargo. Certo la popolazione totale e' composta di 40-45 individui e non e' escluso che qualcuno possa aver approfittato delle condizioni climatiche favorevoli per andare a caccia di cibo''. (ANSA)
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giovedì 11 gennaio 2007

Due gradi e la terra si ribella

Questo è un articolo di James Lovelock apparso su "La Stampa.it". Lovelock nel 1979 pubblicò uno studio "L'ipotesi Gaia" in cui ipotizzava che il nostro pianeta si comportasse come un grande essere vivente e che come tale avesse una vita propria. Oggi Lovelock torna a farsi sentire con "La rivolta di Gaia" in cui identifica l'uomo come una vera e propria malattia di Gaia. Voglio inserire integralmente l'articolo nel post per l'importanza di questo documento. Perchè se Gaia muore non abbiamo un altro pianeta su cui vivere...
"Oggi l’umanità è davanti alla sua prova più dura. L’attuale accelerazione dei mutamenti climatici spazzerà via l’ambiente confortevole cui siamo abituati. Il mutamento è un aspetto normale della storia geologica. Il più recente è stato il passaggio da un lungo periodo di glaciazione all’attuale periodo temperato interglaciale. Quel che è strano è che l’imminente crisi è stata provocata da noi, e nulla di così grave è più avvenuto dopo il lungo periodo caldo all’inizio dell’Eocene 55 milioni di anni fa, quando il mutamento è stato più grande di quello tra l’era glaciale e il XIX secolo ed è durato 200 mila anni.
Quando la Terra si trova in un periodo interglaciale come ora, rimane intrappolata in un circolo vizioso ed è questo che rende così grave e pressante il problema del riscaldamento globale. Il calore supplementare di qualsiasi origine, siano essi i gas ad effetto serra, la scomparsa del ghiaccio artico, il mutamento strutturale degli oceani o la distruzione delle foreste tropicali, risulta amplificato e gli effetti non si limitano a sommarsi uno all’altro.
È come se avessimo acceso il camino per scaldarci, continuando ad alimentarlo senza accorgerci che nel frattempo la casa intorno ha preso fuoco. E quando questo accade rimane ben poco tempo per spegnere l’incendio prima che bruci tutta la casa. Il riscaldamento globale sta aumentando come un incendio e non c’è quasi più tempo per agire.
Quest’anno, come mai da quando un ventennio fa è suonato il primo campanello d’allarme, è stato come risvegliarsi da un letargo: il riscaldamento globale non è una congettura, un inutile allarmismo o un’esagerazione di parte, ma piuttosto un pericolo molto netto e presente. Il libro e il film Una verità scomoda, oggi visto in tutto il mondo, hanno contribuito a questa consapevolezza. Le immagini degli orsi polari che annegano perché non riescono a nuotare tra i banchi di ghiaccio liquefatti nei mari artici o le nevi che si sciolgono sul Kilimangiaro hanno drammatizzato la minaccia. La consapevolezza è poi cresciuta grazie agli studi effettuati in vari luoghi del cielo, della terra e del mare, riassunti nella Stern Review della Royal Society of London e presentati dal premier Tony Blair il 30 ottobre.
Perché siamo stati così lenti, specie negli Stati Uniti, a scorgere il grave pericolo che incombe su di noi e sulla nostra civiltà? Cosa c’impedisce di realizzare che la febbre del riscaldamento globale è un fatto letale che potrebbe già essere uscito dal nostro controllo e da quello del pianeta stesso? Credo che rifiutiamo l’evidenza che il nostro mondo sta cambiando perché, come ci ha ricordato il saggio biologo Edward O. Wilson, siamo ancora dei carnivori tribali. Facciamo ancora fatica ad assimilare il concetto che noi e gli altri esseri viventi, dai microbi alle balene, facciamo parte di un’entità molto più grande e diversificata, ovvero la Terra vivente.
Sono abbastanza vecchio per notare una notevole somiglianza tra l’atteggiamento che si aveva 60 anni fa verso la minaccia della guerra e quello che si ha oggi verso il pericolo del riscaldamento globale.
La maggior parte di noi pensa che presto potrebbe accadere qualcosa di molto spiacevole, ma adesso come nel 1938 non sappiamo bene che forma avrà questo qualcosa e che fare per evitarlo. Finora la nostra risposta è stata esattamente come prima della seconda guerra mondiale: cercare una mediazione. L’accordo di Kyoto è stato incredibilmente simile al Patto di Monaco, con i politici che si mostrano ansiosi di intervenire ma poi in realtà si limitano a temporeggiare.
Quello che è veramente a rischio è la civiltà. Come singoli animali non siamo niente di speciale, anzi in un certo senso la specie umana è una sorta di malattia del pianeta, ma è attraverso la civiltà che ci redimiamo e che siamo diventati una risorsa preziosa per la Terra. Esiste una piccola possibilità che gli scettici abbiano ragione e che possiamo essere salvati da eventi imprevedibili come una serie di eruzioni vulcaniche tanto forti da bloccare la luce solare e far raffreddare la Terra. Ma solo un perdente scommetterebbe la sua vita su una possibilità tanto improbabile. Qualunque siano le perplessità sui climi del futuro, non v’è dubbio che sia i gas a effetto serra sia le temperature stiano aumentando. Nel 2004 Jonathan Gregory e i suoi colleghi dell’Università di Reading hanno reso noto che, se le temperature globali aumentano di più di 2,7 gradi centigradi, il ghiacciaio della Groenlandia diventerà instabile, inizierà a sciogliersi e continuerà fino a scomparire in gran parte, anche se la temperatura poi ritornasse sotto i livelli di soglia. Dato che la temperatura e l’abbondanza di anidride carbonica sembrano strettamente correlate, la soglia può essere espressa nei termini dell’una o dell’altra. Gli scienziati Richard Betts e Peter Cox del Centro Hadley per le previsioni climatiche hanno concluso che un aumento di 4°C della temperatura del globo sarebbe sufficiente a destabilizzare le foreste pluviali tropicali e a causarne la sparizione a favore della boscaglia o del deserto. Se ciò avvenisse, la Terra perderebbe un altro meccanismo di raffreddamento e l’aumento della temperatura diventerebbe ancora più rapido.Il ghiaccio galleggiante dell’Artico copre un’area pari agli Stati Uniti ed è l’habitat naturale degli orsi polari e di altri animali. È anche la destinazione dei coraggiosi esploratori che hanno raggiunto a piedi il Polo Nord, ma più che altro ci serve come lente riflettente della luce solare estiva, mantenendo il mondo più fresco. Quando i ghiacci si scioglieranno, forse presto, potremo arrivare al Polo Nord in barca, ma avremo perso la capacità di condizionamento dell’aria del ghiaccio artico. Il mare scuro che lo sostituirà assorbirà il calore del sole e scaldandosi accelererà lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia.
Anche se non possiamo tornare allo splendido mondo del 1800, quando eravamo solo un miliardo, potremmo comunque fare qualcosa per limitare le conseguenze del riscaldamento globale. Se esiste effettivamente una soglia e noi la superassimo, le nazioni del mondo potrebbero limitare i danni cessando le emissioni di anidride carbonica e di metano. L’aumento della temperatura rallenterebbe, come anche l’innalzamento degli oceani, e ci vorrebbe più tempo per raggiungere la fase calda finale rispetto al nostro modo di vivere attuale. Ma anche così i danni sarebbero enormi. Politicamente io sono un verde, ma sono prima di tutto uno scienziato. Per questo sollecito sempre i miei amici verdi a riconsiderare la loro ingenua fiducia nello sviluppo sostenibile e nell’energia rinnovabile. Prima di tutto, i verdi devono abbandonare la loro ostinata opposizione al nucleare. "

mercoledì 10 gennaio 2007

Fa caldo, in Svezia e Russia orsi in letargo solo adesso

Tra le tante conseguenze dell’effetto-serra, nell’Europa settentrionale il surriscaldamento dell’atmosfera terrestre ha mandato in confusione gli orsi bruni, facendoli diventare vittime dell’insonnia: invece di andare in letargo, come di solito avviene non appena il termometro si abbassa, tanto in Russia quanto in Svezia quest’anno i plantigradi sono rimasti vispi e svegli ben oltre la norma, anche due mesi e mezzo in più, e oltre.

Come mai? Appunto perché il termometro non si è abbassato, se non appena pochi giorni fa. Troppo mite l’inverno, troppo elevate le temperature, addirittura fino a 5-10 gradi al di sopra delle medie stagionali svedesi. Così, se in genere alle latitudini sub-artiche gli orsi vanno in letargo in ottobre, al massimo a novembre, nel 2006 è stato soltanto verso la fine di dicembre che hanno cominciato a dare segno di volersi ritirare a fare la nanna: uscivano sempre meno all’aperto, non si avventuravano più tanto spesso alla ricerca di cibo, si raggomitolavano al calduccio nelle tane; finché si sono finalmente addormentati.

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Animals Asia Foundation: insieme per gli orsi asiatici.

Gli sforzi di Animals Asia Foundation sono concentrati in questo momento alla costruzione di un nuovo centro di salvataggio in Vietnam. Nonostante le fattorie della bile siano state dichiarate dal governo vietnamita illegali già dal 1999, purtroppo sono ancora moltissimi i moon bears che, all'interno di fattorie illegali, subiscono la tortura dell'estrazione della bile rinchiusi nelle strettissime gabbie arrugginite. Il Governo vietnamita ha di recente sottoscritto un accordo con Animals Asia affinché 200 orsi prigionieri delle fattorie vengano liberati ed affidati alle cure della Fondazione.
Animals Asia FoundationIl nuovo centro in Vietnam sarà costruito sul modello del centro di Chendù: comprenderà infatti aree per la quarantena, tane, rifugi, aree per la chirurgia e la riabilitazione di orsi disabili.

Come sempre anche il nuovo centro in Vietnam sarà costruito grazie alla raccolta di fondi da parte dei gruppi di supporto. La condizione degli orsi ha infatti commosso e mobilitato persone da tutti i continenti che dedicano parte del loro tempo e delle loro energie nel sensibilizzare l'opinione pubblica e nell'organizzare eventi e manifestazioni allo scopo di fornire le risorse necessarie al lavoro di liberazione e salvataggio degli orsi.


IMPORTANTE! Chi vuole informazioni più dettagliate, sottoscrivere la petizione per la chiusura delle fattorie o fare un'offerta, può collegarsi al sito web: http://www.animalsasia.orgo inviare una e-mail all'indirizzo info@animalsasia.org.A Napoli è attivo un support group impegnato nella raccolta di fondi. Per adesioni, aiuti, proposte, collaborazioni di vario tipo, ma anche solo per saperne di più potete scrivere a: chiara.catapano@alice.it


martedì 9 gennaio 2007

Cinema: L'ORSO - di Jean-Jaques Annaud

Come non iniziare a parlare dei film dedicati agli orsi, con questo classico.
"Un orsetto perde la mamma e trova un babbo, facendo amicizia con un grande orso grizzly ferito. La storia è ambientata nella Columbia Britannica nel 1885, ma è stata girata sulle Dolomiti e le Alpi tirolesi. Tutto è finto, anche il paesaggio, in questa favola di 30 miliardi, e tutto sembra vero. E come un disegno animato girato dal vivo, con animali e uomini veri. Struggente e ricattatorio, di una facile commozione e di una carineria smaccata. Scritto da Gérard Brach e basato sul romanzo The Grizzly King di James Oliver Curwood."
CREDITI
Titolo originale: L'ours
Regia: Jean-Jaques Annaud
Anno: 1988
Nazione: Francia
Durata: 93'
Genere: avventura

da: "Il Morandini - dizionario dei film"

lunedì 8 gennaio 2007

Habemus ursum!

"...Alto 40 cm, il nostro orso Papa è totalmente fabbricato a mano utilizzando il miglior mohair. Siamo certi che questo nuovo orso sarà molto popolare fra i collezionisti. In particolare sarà ideale per chi è legato alla Chiesa Cattolica.

Una edizione limitata di 265 pezzi, poichè
Benedetto XVI è il 265° Papa"

Vi ho fatto venire voglia eh!?
contate che l'orsetto costa "solo" 159 Sterline, circa...227 Euro!!!!

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Trilussa - L'Orso venditore de fumo


L'orso venditore de fumo - Trilussa (1871 - 1950)
Un Orso se vantava con un Gatto:
Per me la Reggia è come casa mia;
er Re Leone me vô un bene matto,
me tratta a tu per tu! Prova ne sia
ch'a mezzogiorno ciò l'appuntamento:
se m'aspetti un momento, vado e torno...-
L'Orso, infatti, annò su; ma er Re Leone,
appena se lo vidde comparì,
vortò la schina, arzò la coda e... paffete!
E l'udienza finì.
Embè? - je chiese er Gatto - Ciai discorso?
Che t'ha detto? Racconta! Com'è annata?
Nun me lo domannà! - rispose l'Orso. -
Se tratta d'una cosa delicata...

Orsa con due cuccioli sulla pista da sci

TRENTO - Un'orsa con due cuccioli ha attraversato una pista da sci poco dopo le ore 13 a Madonna di Campiglio, in Trentino, nella zona del Parco Adamello-Brenta. Normalmente in questo periodo invernale gli orsi sono in letargo, ma le particolari condizioni meteo degli ultimi mesi hanno scombussolato probabilmente i loro ritmi biologici. Di qui l'incursione pacifica sulla pista di sci, dove i turisti stavano tranquillamente scendendo a valle.

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Orsi, lupi e uomini selvatici nei Carnevali del Piemonte

Orsi, lupi e uomini selvatici: figure misteriose da riportare all'attenzione del pubblico attraverso una mostra e una serie di eventi correlati; è questo l'obiettivo del progetto che i ricercatori di Casa degli Alfieri propongono, sulla scia del lavoro svolto in questi anni nell'ambito della politica ecomuseale intrapresa dalla Regione Piemonte.
L'idea è di recuperare le figure mitiche dell'orso e dell'uomo selvatico mostrando a studiosi, ricercatori, e semplici curiosi queste tipologie carnevalesche, ancora vive nella memoria delle più anziane generazioni, in grado di rappresentare, meglio di altre, il personaggio centrale, la guida del Carnevale tradizionale piemontese: nello stravolgimento delle regole quotidiane è l'orso (o il selvatico) a diventare il re della festa celebrante, a simboleggiare la necessità di un ritorno allo stato naturale, alla ciclicità della vita, al calendario rituale e, in specifico, al momento pre-primaverile che ci introduce al risveglio della natura.

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Il clima che cambia minaccia gli orsi polari

Dal 2001 al 2006 diverse popolazioni di orso polare (da due a cinque secondo gli esperti) sono andate perdute. Dal momento che sono note soltanto 19 popolazioni di questa specie nel mondo, ciò significa la scomparsa di più di un quarto della specie. Lo rivela un report del Polar Bear Specialist Group dell'IUCN, l'Unione Mondiale della Conservazione. Per questo il WWF chiede ai governi di tutto il mondo di ridurre immediatamente le emissioni di carbonio inquinanti, causa del drammatico riscaldamento dell’Artico. “E' necessario fermare il riscaldamento globale” ha detto Stefan Norris, responsabile della conservazione per il WWF Arctic Programme. “Chiediamo ai governi di agire adesso e ridurre le emissioni di carbonio. I cambiamenti climatici stanno sciogliendo il ghiaccio sul quale vivono, cacciano e si nutrono gli orsi". L’Artico si sta scaldando ad un ritmo che è due volte superiore a quello del resto del mondo, e le conseguenze negative sono anche per le altre specie e per le pooplazioni locali. Si prevede che in estate i ghiacci del Polo Nord scompariranno prima della fine del secolo: tutto l’Artico si trova in uno stato di enorme stress a causa dei cambiamenti climatici. Le due sotto-popolazioni di orso polare del mondo, quella della baia di Hudson occidentale in Canada, e quella del mare di Beaufort meridionale (Stati Uniti e Canada), sono diminuite, rispettivamente, del 22% e del 17% negli ultimi vent’anni. Le altre tre popolazioni in declino sono quelle della baia di Baffin e del Kane Basin – comprese tra la Groenlandia e il Canada – e quella della Norwegian Bay in Canada.

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Spagna, troppo caldo: gli orsi smettono di ibernare

E' opinione comune che gli orsi, in mancanza di cibo e di meglio da fare, trascorrano un tranquillo inverno in ibernazione: ma gli scienziati che sorvegliano la popolazione ursina dei Monti Cantabrici, nella Spagna settentrionale, hanno scoperto che negli ultimi tempi il comportamento dei plantigradi è cambiato. Complice un inverno più caldo del normale, alcuni orsi - in particolare le orse che hanno avuto dei cuccioli - non ricorrono alla lunga siesta stagionale ma continuano ad andare alla ricerca di cibo, dato che "il rendimento energetico risulta favorevole", come spiegano gli esperti al quotidiano spagnolo El Pais. Responsabile dell'alterazione sarebbero i cambiamenti climatici, anche se non c'è modo di dimostrarlo del tutto dato che fino a pochi decenni fa gli orsi non erano sorvegliati così strettamente: il dubbio dunque è se sia sempre accaduto e soltanto oggi il fatto sia venuto alla luce; certo è che in nessun altro luogo d'Europa sono documentati orsi in attività tutto l'anno e che l'unica testimonianza è quella di un libro spagnolo del XIV secolo, un periodo di clima particolarmente mite nella Penisola iberica.

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Cerchiamo di essere un pò più scientifici...

Il termine "orso" è un modo piuttosto comune di descrivere un raggruppamento molto più ampio a cui appartengono diverse specie di animali. Per essere più specifici ci viene incontro la sistematica cioè la scienza fondata da Linneo nel 1758 che permette di classificare in modo rigoroso ogni essere vivente. Ogni essere può essere classificato con (almeno) sette gradi gerarchici che sono: regno, phylum, classe, ordine, famiglia, genere e specie.

Tutti gli orsi possono essere così classificati:

regno
: animale
phylum: chordata
classe: mammalia
ordine: carnivora
famiglia: ursidae

Saranno poi il genere e la specie a darne una descrizione più precisa. Tutti gli orsi hanno corporatura piuttosto massiccia, coda ed orecchie corte, zampe munite di artigli, folta pelliccia e dentatura ben sviluppata. Esistono cinque generi viventi appartenenti alla famiglia degli ursidae:
Ailuropoda, Helarctos, Melursus e Ursus, Tremarctos. Il genere Arctodus è invece estinto.
Cercherò di descrivere in questa sede le cinque famiglie in modo generico, nei post successivi descriverò i vari generi in modo più specifico.

Al genere Ailuropoda appartiene il panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) il cui nome scientifico può essere tradotto come piede di gatto nero-bianco. E' noto che il panda gigante come molti altri ursidi è una specie a rischio.


Il genere
Helarctos è rappresentato dall'orso malese (Helarctos malayanus), il più piccolo urside. Vive nelle foreste tropicali e proprio per questo ha una pelliccia piuttosto corta.


L'orso labiato (Melursus ursinus) appartiene al genere Melursus, vive nell'india, nel Nepal e nel Bangladesh. La sua bocca ha delle labbra molto mobili, utili per la sua dieta a base di insetti.


Il genere Ursus è in assoluto il più rappresentato e il più diffuso. Comprende l'orso bruno (Ursus arctos), l'orso polare (Ursus maritimus), l'orso nero (Ursus americanus) e l'estinto orso delle caverne (Ursus spelaeus).

L'unico genere che abita il sud America è il genere Tremarctos rappresentato da un'unica specie, l'orso andino (Tremarctos ornatus). Questa specie riesce a vivere ad oltre 2000 m di altezza.


Abbiamo visto quindi come al termine orso corrispondano molti tipi di "orsi" corrispondenti ai più svariati ambienti (dai poli alle foreste pluviali): questo dimostra come la famiglia degli ursidi si sia diffusa sul nostro pianeta e sia riuscita ad adattarsi anche in habitat difficili. Proprio per questo merita il nostro rispetto e la possibilità, soprattutto per alcune specie oggigiorno fortemente minacciate, di continuare a vivere.

domenica 7 gennaio 2007

Lo spirito dell'orso

L’utilizzo simbolico e il culto dell’orso è forte presso le popolazioni degli antichi popoli dell’America del Nord. Per le tribù Sioux l’orso era dotato di grande memoria - “l’orecchio (memoria) della terra” -, e incarnava uno dei tanti spiriti naturali che popolano le foreste. Presso gli Uroni lo si considerava a livello di magia naturale, dando grande importanza alle zampe, agli artigli e ai denti. Queste parti anatomiche, triturate, venivano utilizzate per esempio dalla tribù Semole per la prevenzione e cura delle infezioni intestinali del bestiame domestico. Lo “spirito” dell’orso veniva invocato dai Navajo quale testimone nei giuramenti solenni: “che la tempesta magica dell’orso mi divori se non manterrò il patto” e anche “che lo spirito dell’orso sia testimone che non sono colpevole”, così recitano alcune iscrizioni rupestri. Contro gli spiriti maligni all’ingresso d’ogni kepì veniva messo l’osso della scapola. Per diverse popolazione indiane dell’America settentrionale è animale-totem di singoli clan, ma sono diffusi anche altrove i miti di “discendenza”. Spesso il suo nome è tabù, di conseguenza per nominarlo vengono usate circonlocuzioni come “il nonno” o “il piede largo”. Lo “stregone” degli Algolki si vestiva esclusivamente di pelle d’orso, traendone capacità di cura delle malattie e il favore degli spiriti della natura. La carcassa dell’orso, messa sulle spalle, garantiva per i Mojcani una caccia fortunata, e per lo stesso fine gli indiani Publos avevano dedicato un focolare allo “spirito dell’orso”.

L'orso nella mitologia dei popoli del nord Europa

E' presso le genti del nord Europa che l'orso assume un simbolismo religioso e sociale molto profondo. L'orso (artios) presso i Celti era simbolo della classe guerriera e dell'autorità temporale. La Dea Artio (nella figura a lato) era venerata dai Celti. Berna, centro di culto dei Celti, identificava l’orso con la Dea e lo scelse proprio come simbolo. I Celti continuarono a gestire il culto preistorico dell'orso, adattandolo alle proprie esigenze: l'irlandese Art o Math, il gallese Mathus, Artgenos o Mac Math erano nomi diffusi. Oltre ad Artio, altri dei collegati erano Mautunus di Risingham, nel Northumberland e il "Mercurio Artaios" in Gallia. Lo stesso Artù trae il suo nome dall'orso. Persino nelle leggende irlandesi dei santi, capita che un bravo orso bruno metta a disposizione di San Gallus le sue forze, trascinandogli dei tronchi d'albero per la costruzione della chiesa. In alcuni casi le madri col bambino, tradizione iconografica così venerata in epoca cristiana, ma che incominciò in realtà migliaia di anni fa, indossano nel neolitico maschere di orso e diverse statuette con la testa d'orso hanno un marsupio sulla schiena, come per trasportare un bambino. “Madonne Orso” con maschere di orso e un cucciolo in braccio rappresentano quindi il culto di un’antica nutrice e Dea dispensatrice della nascita.
Anche nei paesi scandinavi l'orso era un animale legato ai guerrieri: i Berserkr erano dei combattenti che cadevano in una sorta di trance ipnotico grazie ad un processo d’identificazione o d’incorporazione nell’essenza animalesca dell'orso. In questa condizione, i guerrieri-orso di sarebbero lanciati contro i nemici. La battaglia si sarebbe svolta "... senza comparazione di forza tra coloro che cadevano feriti e gli eroi divini divenuti ormai orsi". (Behow. V,17-18). Nella trasformazione in animale era implicito il passaggio dallo stato umano a quello semi-divino. Sotto questo profilo, l'orso fu considerato elemento vivo di metamorfosi verso uno stato superiore d’identità. Un elemento magico-spirituale questo, che trovava similitudine nel concetto di licantropia, ovvero della metamorfosi dell'uomo in lupo, durante la quale l'essere umano prende la forma del "signore dei boschi". Ma, mentre in questo caso la trasformazione è fisico-esistenziale, i guerrieri Berserkr si tramutano, invece, soltanto sotto il profilo spirituale-dimensionale, diventando orsi senza assumerne la sembianza.

Fonti: astercenter.net celticworld.it

sabato 6 gennaio 2007

Mitologia classica: i miti dell'orso legati a Zeus

Nella mitologia classica, come in quella di tutti i popoli dell'emisfero settentrionale, l'orso è presente in modo prepotente: molti sono infatti i miti legati al nostro beniamino. I primi orsi che vengono in mente indissolubilmente legati alla mitologia greca sono quelli incastonati nel firmamento sottoforma delle costellazioni dell'orsa maggiore e dell'orsa minore. Callisto (dal greco kalliste, la più bella) era una ninfa compagna di Artemide ed aveva fatto voto di rimanere vergine. Ma Zeus un giorno se ne innamorò e sotto le spoglie di Artemide (o secondo altre versioni di Apollo) si unì a lei. Artemide una volta scoperto che Callisto aveva rotto il voto di verginità la trasformò in orsa. Da questo punto si diramano diverse versioni, ma in ognuna di esse, Arcade, il figlio nato dall'unione di Callisto con Zeus , durante una battuta di caccia colpì la madre, ancora sotto forma di orsa, uccidendola. Zeus, secondo Ovidio, impietosito tramutò Callisto nell'orsa maggiore ed Arcade nell'orsa minore.
Un'altra origine delle due costellazioni si deve alle due ninfe che allevarono il piccolo Zeus a Creta: Rea, madre di Zeus, per fare in modo che il figlio non venisse divorato dal padre Crono, avvolse una pietra con delle fasce e la fece inghiottire a Crono, facendogli credere di aver mangiato il piccolo Zeus. In realtà il neonato venne nascosto in una grotta, nutrito dalla capra (o dalla ninfa) Amaltea e protetto dai Cureti, che sbattento le lance contro gli scudi coprivano il pianto del bambino. Le ninfe che si presero cura di lui durante quei giorni erano appunto Adrastea ed Ida che per gratitudine vennero poste nel firmamento nelle costellazioni dell'Orsa Minore e dell'Orsa Maggiore. Una curiosità, il termine "artico" deriva proprio dal greco arctos, orso, quindi il nord per i greci è o indissolubilmente legato all'orso.
All'orso appartiene la pelle in cui vennero rinchiusi i tendini di Zeus che vennero recisi da Tifone durante la lotta degli Dei con i Titani. La pelle d'orso venne affidata da Tifone a Delfine, sua sorella, il cui corpo terminava con la coda di un serpente. Fu Pan a salvare Zeus terrorizzando la mostruosa fanciulla con un improvviso, orribile urlo, mentre Ermes sottraeva i tendini per riattaccarli alle membra del dio. Il re degli dei, recuperate le forze, si lanciò su un carro di cavalli alati all'inseguimento di Tifone e cominciò a bersagliarlo di fulmini. L'apocalittica battaglia si concluse a favore di Zeus, il quale riuscì a uccidere il mostro e a seppellirlo sotto il monte Etna che da allora, come racconta Apollodoro, sprizza il fuoco di quei fulmini. Zeus per gratitudine nei confronti di Pan lo tramutò nella costellazione del Capricorno.

Quando l'orso abitava le caverne....

L'orso delle caverne (Ursus spelaeus) visse in Europa fra 300.000 e 10.000 anni fa circa, estinguendosi dopo l'ultima glaciazione (circa 11.000 anni fa). Fu uno dei protagonisti della scena glaciale europea; il suo habitat era la foresta e trascorreva i freddi inverni nelle caverne. Quest’imponente predatore dell’era glaciale era più grande dell’odierno orso grigio (grizzly). L'orso speleo condivise l'habitat europeo con l'uomo di Neanderthal: uomini di Neanderthal ed orsi delle caverne forse si ignorarono, o forse si combatterono o forse (più plausibilmente) convissero pacificamente dato che l'orso delle caverne era quasi esclusivamente vegetariano, certo è che entrambi si estinsero quando il riscaldamento mutò l'habitat delle nostre zone. All'uomo di Neanderthal si sostituì l'uomo moderno (proveniente da est), all'orso delle caverne si sostituì l'orso bruno. Le ossa di questi animali, naturalmente, sono state rinvenute fin dall’antichità e venivano ritenute appartenere a esseri leggendari come draghi o grifoni. Ancora nel XVII secolo venivano rinvenuti crani di “mostri” deformi, dall’aspetto vagamente umano, che si diceva infestassero ancora le profondità delle foreste e delle montagne dell’Europa centrale. Questi teschi misteriosi altro non erano che i crani degli orsi delle caverne, che di lì a pochi anni sarebbero stati rivelati al mondo scientifico.

Da dove iniziare....

Non è facile iniziare un blog dedicato all'orso, lo ammetto. Questo animale è entrato così prepotentemente nella nostra cultura tanto che, anche se non ce ne rendiamo conto, siamo costantemente circondati da immagini, miti e simboli a lui legati. La figura dell'orso ha un aspetto duplice nella nostra società: all'orso feroce, sanguinario si contrappone l'orso bonario e giocherellone; è quindi una figura che ci respinge ma che al tempo stesso ci attrae. Questa creatura così spaventosa è la stessa che da bambini stringiamo al petto durante il sonno. Perchè? Spero, attraverso questo blog di mettere insieme notizie e curiosità riguardanti l'orso e mi auguro che altri appassionati contribuiscano a delineare i contorni di questo meraviglioso animale.