"Non so bene perché, ma c'è qualcosa nell'orso che induce ad amarlo"
J. O. Curwood

mercoledì 17 ottobre 2007

Svolta nelle indagini sulla morte degli orsi: un allevatore indagato numero uno. Le indagini proseguono.

La capra appena uccisa era stata lasciata sotto il ciglio della strada, ad «Acqua Ventilata», un bosco a pochi chilometri da Pescasseroli, proprio accanto a un ruscello. L’assassino aveva squartato e innaffiato la capra con un potente antiparassitario, lasciando abbandonata la damigiana di 5 litri vuota accanto alla carcassa dell’animale.
L’orso Bernardo aveva 9 anni quando l’hanno trovato morto, dopo tre giorni d’agonia, il 30 settembre. Una morte atroce. Avvelenato. Bernardo è stato il primo a soccombere. Deve essersi sentito subito male, un paio di morsi, di strappi di carne e interiora della capra e si è allontanato dalla preda. Poche decine di metri e ha iniziato a vomitare. Cercava di risalire il bosco ma è quasi subito caduto. Era ancora vivo ma ben presto i suoi arti si sono paralizzati. Nelle ultime ore muoveva soltanto il capo e via via sempre di meno. Morto, di morte straziante. Il diario della sua agonia è stato ricostruito, purtroppo, quando ormai era troppo tardi.
Bernardo aveva infatti un «radiocollare», era uno dei cinque orsi adottati dalla Sapienza di Roma per i suoi studi. E quando, settimanalmente, i ricercatori universitari hanno estratto il tracciato del radiocollare di Bernardo hanno potuto «leggere» la cronaca della sua morte. E trovare il luogo dove si era riparato. Il giorno dopo gli uomini della Forestale hanno trovato anche una femmina giovane di orso e il suo piccolo. E ancora due lupi. Tutti morti. Tutti avvelenati dalla stessa capra. Una strage, un colpo mortale al Parco nazionale degli Abruzzi e alla sua fauna selvatica. Un attacco al «cuore» del Parco. No, nessuna enfasi: quella capra avvelenata ha avuto lo stesso effetto di una «autobomba» di Cosa nostra o di un gruppo terroristico.
Un’azione con «finalità eversive e terroristiche» (come disse a caldo il direttore del Parco, Di Benedetto) per colpire nel mucchio, per creare panico. Le vittime predestinate erano tutti gli «abitanti» del Parco. Ma chi è l’assassino? Un ecoterrorista o animalista al contrario? «No. Probabilmente un allevatore o un pastore. E non perché Bernardo o chi per esso gli avesse sterminato il gregge o la mandria. Chi ha avvelenato la capra è stato un malvagio, un criminale che aveva e ha dell’acredine nei confronti del Parco». Giovanni Potena è l’amministratore delle Foreste demaniali di Castel di Sangro. Per capirci, Potena gestisce 15 mila ettari di foreste e di imprese agricole pubbliche, molte delle quali insistono nel Parco nazionale degli Abruzzi. E, naturalmente, gli uomini (meno di quindici) della Forestale.
Potena lascia intravedere la pista della «vendetta», del «rancore», della «ribellione al Parco» con le sue regole da rispettare e gli uomini che devono farle rispettare. Gli investigatori della Forestale, coordinati dalla procura di Avezzano, si sono messi al lavoro scandagliando tutte le ipotesi possibili, controllando settanta aziende della zona, incrociando tabulati e tracciati telefonici. Pescando dagli archivi le schede dei soggetti a rischio. Quei cittadini, pastori o allevatori, che in passato avevano avuto un contenzioso con il Parco, con la Forestale che li aveva multati perché magari non rispettavano le regole del pascolo - che prevedono un tot di bestiame per ettaro; di pastori per numero x di capi; un calendario di accesso al pascolo - o la normativa veterinaria nella macellazione. O beccati a fare il bracconaggio.
L’inchiesta sulla strage di Pescasseroli potrebbe essere a una svolta. Sono anche arrivate tre telefonate anonime che hanno indicato un autore dell’avvelenamento della capra. E la sua identità corrisponde al sospettato numero uno. Adesso servono le «prove» che quella capra è stata consegnata a lui da un complice, o da un venditore. C’è una pista che porta fuori dall’Abruzzo. In tempi di Ris anche in questo caso si seguono le tracce del «dna» della capra. Trovare l’allevamento di capre da cui è partita l’«esca» non è impossibile. La procura di Avezzano potrebbe già avere un nome nel registro degli indagati. Nelle prossime ore si annunciano azioni mirate, finalizzate al prelievo di sangue di capre.

Fonte: laZampa.it


1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi sento molto, molto male...
Tre giorni di agonia, una morte straziante di un essere così forte e così fragile...E la pena prevista dalla legge per tutto questo è così poca !